Grazie al sito, sviluppato da due studenti di Harvard, chi fugge dalla guerra ha la possibilità di mettersi in contatto con persone disponibili a offrire alloggi
La macchina della solidarietà si mette in moto in ogni modo e in ogni luogo del mondo in questi giorni di conflitto in Ucraina. Negli Stati uniti due studenti dell’Università di Harvard hanno creato Ukraine Take Shelter, una piattaforma indipendente che collega migliaia di rifugiati ucraini con persone in tutto il mondo disponibili a offrire loro ospitalità.
Avi Schiffmann, uno dei due giovani dietro il progetto, ha avuto l’idea del sito dopo aver partecipato ad una manifestazione pro-Ucraina a San Diego dove ha incontrato centinaia di americani di origine ucraina. Ne ha parlato con il suo compagno di università, Marco Burstein, e da allora hanno lavorato alacremente per realizzare la piattaforma. «Hanno bisogno di assistenza, subito e su larga scala» ha detto il 19enne Schiffmann alla CNN.
Ukraine Take Shelter è stato lanciato il 3 marzo e, solo in una settimana, più di 4.000 persone hanno pubblicato annunci per offrire una casa ai rifugiati ucraini. A oggi, sono stati oltre un milione gli utenti che si sono connessi.
I cittadini ucraini selezionano la città che possono raggiungere o quella in cui sperano di arrivare e consultano l’elenco degli alloggi disponibili, con tanto di descrizione. Quindi, si può cliccare sul numero di telefono o sull’email dell’ospite per mettersi in contatto.
Non è la prima volta che Schiffman mette la sua passione per la tecnologia al servizio di cause sociali. Durante i primi giorni della pandemia ha creato un sito per monitorare l’impatto del Covid-19. Nello stesso anno, ne ha progettato un altro che tracciava le proteste di Black Lives Matter negli Stati Uniti.
«La vedo così: quasi tutti hanno uno smartphone e una connessione a internet – spiega lo studente di Harvard – c’è sempre qualcosa che accade in tutto il mondo, un terremoto, una guerra, una pandemia, e c’è sempre un modo per usare la tecnologia per migliorare la vita delle persone in queste crisi umanitarie».
di: Francesca LASI
FOTO: PIXABAY
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