L’obiettivo è ridurre il più possibile la dipendenza da altri Paesi per i prodotti agricoli. Tra le Regioni italiane più interessate dalla concessione ci sono la Campania e la Lombardia
Arriva il via libera dell’Ue alla semina di altri 200 mila ettari in Italia. L’Unione europea predispone le misure per fronteggiare la crisi dei prodotti agricoli, scaturita dalla guerra in Ucraina, che permetteranno la messa a coltivazione di ulteriori quattro milioni di ettari nell’Unione Europea per ridurre la dipendenza dalle importazioni dei principali prodotti agricoli, cosa che sta mettendo in difficoltà la capacità di approvvigionamento in Italia e di tutto il blocco del Vecchio continente. Lo sottolinea la Coldiretti secondo cui dopo un mese di guerra a aumentare non è stato solo il costo dei carburanti.
Russia e Ucraina insieme rappresentano infatti il 28% degli scambi di grano e il 16% di quelli del mais e da quando è iniziato il conflitto il prezzo del grano per il pane è balzato del 53%, la soia del 30%, il mais dell’11% e del 6% gli alimenti destinati agli animali negli allevamenti. A pesare è anche la chiusura dei porti sul Mar Nero, che impediscono le spedizioni e creano carenza sul mercato mondiale.
Sempre secondo la Coldiretti tra le Regioni italiane più interessate dall’ok dell’Ue ci sono la Campania con 10.500 ettari, la Lombardia con 11 mila, il Veneto con 12.300 ettari, il Piemonte con 17.544 e l’Emilia-Romagna con 20.200.
Ma secondo l’associazione si tratta di misure insufficienti, così come gli aiuti previsti dal quadro temporaneo aiuti di Stato per la crisi Ucraina (guarda qui). «A livello comunitario servono più coraggio e risorse – ha commentato il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini. – E’ necessario che alle importazioni venga applicando il concetto della reciprocità negli standard produttivi in modo che tutti i prodotti che entrano nei confini nazionali ed europei rispettino gli stessi criteri, garantendo che dietro gli alimenti, italiani e stranieri, in vendita sugli scaffali ci sia un analogo percorso di qualità che riguarda l’ambiente, il lavoro e la salute. Al contrario, va avversato ogni tentativo di ridurre gli standard di sicurezza alimentare con l’autorizzazione di importazioni che mettono a rischio la salute».
di: Maria Lucia PANUCCI
FOTO: SHUTTERSTOCK
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