
Si alzano le temperature e cala la portata dei Grandi Fiumi
Rispetto alla media stagione italiana da dicembre a fine febbraio c’è stata una flessione del 60% per quanto riguarda la neve e dell’80% per la pioggia. Secondo quanto rilevato dall’Arpa a gennaio erano caduti solo 4,8 millimetri di pioggia, 10 volte meno rispetto alla media dello stesso periodo (46 millimetri) in passato.
L’inverno appena concluso, inoltre, è stato particolarmente caldo con la sua media stagionale di di 1,7° C in più rispetto al trentennio 1981-2010. Un fenomeno che ha interessato soprattutto il settentrione: +2,3°C nel Nord e +2,6°C nel Nord-Ovest.
A fare i conti con le temperatura fuori media sono stati anche i bacini idrici italiani. A marzo il fiume Po ha registrato i livelli più bassi degli ultimi 30 anni. Una situazione preoccupate perché, per la prima volta, la scarsità idrica avviene a fine inverno e non in estate. Nel distretto del Po il deficit di pioggia è superiore ai 100 millimetri e la situazione è sempre più critica (soprattutto nella parte occidentale, ma si sta espandendo verso il Delta) a causa degli oltre 100 giorni di assenza di piogge significative. L’impoverimento idrico riguarda anche gli altri fiumi principali italiani come l’Adige, l’Arno e il Tevere.
«Il regime fluviale di molti corsi d’acqua è ormai mutato e ne subiscono le conseguenze i delicati habitat ripariali – spiega Andrea Agapito Ludovici, responsabile acque di Wwf Italia. – Perdiamo molte specie sensibili a vantaggio di specie aliene invasive (es. il gambero rosso della Louisiana diffuso nelle nostre acque interne). Tra i gruppi faunistici più vulnerabili ci sono gli anfibi che risentono gravemente di anomali abbassamenti delle acque, soprattutto nei periodi riproduttivi. Specie come la Rana di Lataste della pianura padano veneta, che generalmente attacca i gruppi di uova a rami o canne: basta un dislivello di pochi centimetri per perderle completamente. Ovviamente i cambiamenti climatici hanno un impatto enorme anche sul mondo vegetale mettendo a rischio circa il 40% delle specie di piante esistenti sulla terraferma».
La produzione agricola italiana di frutta, verdura, pomodoro da salsa e grano è strettamente legata alla portata del Po e la sua sofferenza potrebbe causare grandissimi danni. Sono a rischio anche le coltivazioni seminate in autunno come frumento, orzo e loietto. Se le previsioni saranno rispettate il cambiamento climatico porterà a delle modifiche importanti: nel Sud sparirebbero vite e ulivo, sostituite da kiwi e orzo. Nel Settentrione scomparirebbero i meleti e si apriranno spazi di coltivazione inediti dove c’era ghiaccio o neve.
Oltre ai problemi derivanti dalle condizioni climatiche in Italia è significativo anche il problema della dispersione idrica. Gli impianti fatiscenti fanno sì che per ogni 100 litri immessi della rete di distribuzione ben 42 litri sono dispersi. Secondo l’Istat, recuperando queste perdite si potrebbe garantire il fabbisogno di acqua a circa 44 milioni di persone in un anno. Il Governo ha deciso di investire 1,38 miliardi di euro (900 milioni tramite Pnrr) proprio per migliorare le reti di trasporto dell’acqua in Italia.
Secondo il WWF circa quattro miliardi di persone vivono una grave carenza d’acqua per almeno un mese l’anno e la popolazione globale esposta a siccità estrema aumenterà dal 3% all’8% nel 21° secolo. I risvolti del cambiamento climatici porteranno anche al fenomeno dei profughi climatici, si stima infatti che dall’Africa avverrà una migrazione verso l’Europa meridionale a causa delle condizioni climatiche avverse dal 2050.
In caso di un aumento della temperatura globale di 1,5°C la scarsità d’acqua nell’Europa del Sud riguarderebbe il 18% della popolazione. Se l’aumento fosse di 2°C sarebbe colpito il 54% della popolazione.
di: Flavia DELL’ERTOLE
FOTO: PIXABAY
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