Oltre 45 mila locali e il 30% delle attività aperte nel 2019 oggi sono chiuse
Il mondo della ristorazione è stato particolarmente colpito dagli ultimi due anni e la pandemia ha modificato usi e costumi. Oggi, ad esempio, viene preferito muoversi il meno possibile, consumare i pasti a casa e si fa sempre più strada l’utilizzo del servizio di delivery.
Il Rapporto Ristorazione 2021 di Fipe Confcommercio parla chiaro: “oltre 23mila le aziende che hanno cessato la loro attività nel solo 2021, una cifra che (sommata a quella del 2020) arriva a un totale di 45mila locali che hanno chiuso i battenti nel periodo della pandemia, confermando l’andamento dell’anno precedente“.
Al numero di chiusure si contrappone la compressione delle nuove aperture che nel 2021 sono state solo 8.942. Delle attività aperte nel 2019 il 30% è sparito. I settori più colpiti dalla crisi causata dalla pandemia sono stati turismo e ristorazione, con perdite che arrivano a quasi 34 miliardi rispetto al 2019, quasi 56 miliardi di perdite se si conta l’intero biennio.
Le perdite per il settore del turismo internazionale sono di circa 23 miliardi di euro e sono state colpite soprattutto le città d’arte. La crescita dei consumi domestici, di soli 7 miliardi, non riesce ad arginare la crisi. Secondo le stime queste perdite interessano la produzione agroalimentare per circa 15 miliardi.
Numeri che incidono anche sulla riduzione dei posti di lavoro: 193mila persone in meno rispetto al 2019. Sono soprattutto donne e giovani a essere tagliati fuori dal mercato del lavoro. Almeno un terzo delle imprese ha perso personale in questi due anni. Il mercato del lavoro della ristorazione italiano è, però, composto principalmente di aziende a conduzione familiare, in cui solo il 40% ha dipendenti.
Un’altra difficoltà è quella di personale professionalizzato e formato, il rapporto parla di quattro aziende su 10 con mancanza di candidati validi. Ad aggiungere problemi ci pensa il caro di materie prime e di energia, per l’87% degli imprenditori ci sono stati aumenti della bolletta energetica fino al 50%, mentre sono del 25% per i prodotti alimentari. Per gli esercenti i rincari sono assorbiti: a febbraio 2022, lo scontrino medio è salito del 3,3% rispetto a un incremento generale dei prezzi del 5,7%.
Il 56,3% di bar e ristoranti non intende rivedere al rialzo i propri listini, ma sarà inevitabile, per poter garantire il giusto compenso ai dipendenti.
In questo scenario, in cui regnano le incertezze, le prospettive non si fanno certo rosee a causa della guerra che impatta su produzioni alimentari ed energetiche.
di: Flavia DELL’ERTOLE
FOTO: PIXABAY
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