L’inflazione a marzo è al 7%, mai così alta dal 1991
«In Italia il Pil stava già decelerando nell’ultimo trimestre dell’anno scorso; l’avevano frenato il ristagno dei consumi delle famiglie e il contributo negativo della domanda estera netta. Nel primo trimestre del 2022 si può valutare, sulla base degli indicatori disponibili, che il Pil si sia ridotto di poco più di mezzo punto percentuale sul periodo precedente». Lo ha affermato Luigi Federico Signorini, direttore generale Banca d’Italia nel suo intervento al XXV Congresso Nazionale dell’Acri–Associazione di Fondazioni e di Casse di Risparmio Spa.
«Da principio – ha sottolineato – il calo è stato dovuto soprattutto alla rapida diffusione dei contagi della variante Omicron del coronavirus (meno devastante delle precedenti in termini di conseguenze sanitarie gravi, ma più facile alla trasmissione, con una significativa perdita di giornate di lavoro). Dopo il 24 febbraio, data di inizio della guerra in Ucraina, gli ulteriori rincari delle fonti energetiche e le incertezze sul relativo approvvigionamento, particolarmente accentuate in Paesi come l’Italia e la Germania, molto dipendenti dal gas russo, hanno appesantito ulteriormente il clima congiunturale».
Signorini ha sottolineato che l’inflazione è salita a marzo al 7%, toccando il livello più alto dal 1991 nella media del primo trimestre e nel prossimo futuro molto dipenderà dall’evolversi del conflitto e dalle sue conseguenze sui rapporti economici e politici a livello internazionale.
Guardando agi scambi commerciali con la Russia, il Direttore di Bankitalia ricorda che il rischio maggiore per l’Italia riguarda le importazioni, non tanto per il loro volume (il 3,7 per cento del totale), quanto per il fatto che esse sono concentrate nell’energia. Dalla Russia proviene più di un quinto delle importazioni italiane di materie prime energetiche; per il gas naturale la quota supera il 45%, mentre è di poco inferiore al 10% per il petrolio greggio.
di: Maria Lucia PANUCCI
FOTO: SHUTTERSTOCK
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