
I dati della Cgia di Mestre: Italia 136esima al mondo per complessità amministrativa
Le imprese italiane non riescono a crescere non solo per la crisi pandemica e gli effetti della guerra di Ucraina, ma anche a causa della “oppressione burocratica sugli imprenditori” secondo la Cgia di Mestre.
Secondo i dati dello studio dell’associazione veneta la burocrazia grava per 57 miliardi di euro alle aziende e alle imprese italiane. “I tempi, i costi e la farraginosità della cattiva burocrazia italiana costituiscono un problema” per tutto lo stivale, si legge nello studio, ma soprattutto “nel Mezzogiorno, dove la nostra pubblica amministrazione è meno efficiente, la situazione è maggiormente critica“. Proprio a causa della burocrazia impossibile, sostiene la Cgia, “molti investitori stranieri rifiutano di trasferirsi in Italia“.
Sempre secondo quanto riportato da Cgia l’Italia si è classificata 136esima al Mondo per quanto riguarda la complessità amministrativa: «gli ultimi dati disponibili dati del World Economic Forum mostrano che il grado di complessità amministrativa che grava sulle imprese è nettamente superiore da noi che negli altri principali paesi nostri competitori. Nel rank mondiale ci posizioniamo al 136° posto: rispetto a 10 anni prima abbiamo perso addirittura 6 posizioni».
Non sono solo gli imprenditori a lamentare della scarsa qualità dei servizi della pubblica amministrazione, ma anche i cittadini: «nell’ultima indagine effettuata dalla Commissione Europea su un campione di intervistati tra il 18 gennaio e il 14 febbraio, emerge che tra i 27 paesi UE l’Italia si colloca desolatamente al 24° posto. Solo Romania, Bulgaria e Grecia registrano un livello di gradimento dell’offerta dei servizi pubblici inferiore al nostro».
La maglia nera va a Campania e Calabria, ultime in Europa, ma anche il quadro generale non è più roseo: «su 208 regioni monitorate a livello europeo dall’Università di Göteborg (anno 2021), la prima realtà territoriale italiana per qualità istituzionale, vale a dire la provincia Autonoma di Trento, si colloca al 100° posto. Seguono il Friuli Venezia Giulia al 104°, il Veneto al 109°, la Provincia Autonoma di Bolzano al 117° e la Toscana al 126° posto. Puglia (190°), Sicilia (191°), Basilicata (196°), Campania (206°) e Calabria (207°) si posizionano negli ultimi 20 posti della graduatoria».
A questo punto la domanda è una sola: come migliorare la PA? L’Ufficio studi della Cgia propone una soluzione multidirezionale: “attraverso una digitalizzazione estesa del rapporto tra PA e imprese, soprattutto attraverso il dialogo tra le banche dati pubbliche; standardizzazione dei procedimenti e della modulistica; riorganizzazione delle competenze e riduzione del numero di enti pubblici coinvolti nel medesimo procedimento“. L’impresa deve, inoltre, “poter contare su norme chiare, senza doversi assumere la responsabilità di interpretazioni incerte, rischiando di essere sanzionata a seguito di controlli da parte di soggetti diversi, non coordinati, o che interpretano in maniera differente la medesima normativa. In sintesi, le imprese chiedono che il rapporto con la PA si semplifichi con una sola istanza, una sola piattaforma informatica, una sola risposta ed un solo controllo“. Fondamentale è anche “il monitoraggio delle semplificazioni già introdotte, ed evitare l’emanazione continua di nuove norme che modificano le precedenti, complicando ulteriormente la vita delle imprese“.
di: Flavia DELL’ERTOLE
FOTO: PIXABAY