Viene riconosciuto ai familiari di un pensionato deceduto
Grazie alle sentenze di tribunali e Corte Costituzionale sono cambiate le normative che disciplinano la pensione di reversibilità, il trattamento economico che viene riconosciuto dall’Inps ai familiari di un pensionato deceduto.
Per quanto riguarda l’importo, è una quota percentuale che varia a seconda del grado di parentela del superstite e del numero di beneficiari. Ad esempio, al coniuge solo spetta il 60% della pensione che percepiva il defunto; se ci sono coniuge e un figlio l’80%; coniuge e due o più figli il 100%; un figlio solo il 70%; 2 figli l’80%; 3 o più figli il 100%; a un genitore solo il 15%; due genitori il 30%; un fratello o sorella soli il 15%; due fratelli o sorelle il 30%.
Ad essere cambiata nello specifico è la platea di riferimento: ne hanno diritto il coniuge del defunto, la persona che era legata a lui da un’unione civile, il coniuge separato (da poco anche quelli con addebito e non titolari di assegno alimentare), il coniuge divorziato. Quest’ultimo, solo a condizione che sia titolare dell’assegno divorzile, che non sia passato a nuove nozze e che la data di inizio del rapporto assicurativo del defunto sia anteriore alla data della sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio.
Se sono presenti sia un coniuge sia un ex coniuge, la pensione di reversibilità va ripartita tra di loro in base alla durata dei singoli matrimoni e delle eventuali convivenze more uxorio, oltre all’importo dell’assegno divorzile e la posizione economica dei superstiti.
In caso di convivente, si ha diritto alla pensione di reversibilità solo se il defunto ha lasciato un testamento e nominato il partner come erede.
Altri beneficiari sono: figli minorenni; ai figli inabili al lavoro e a carico del genitore; figli maggiorenni studenti, a carico del genitore, che non prestino attività lavorativa, che frequentano scuole o corsi di formazione professionale equiparabili ai corsi scolastici, nei limiti del 21esimo anno di età; figli maggiorenni studenti, a carico del genitore, che non prestino attività lavorativa, che frequentano l’università, nei limiti della durata legale del corso di studi e non oltre il 26esimo anno di età.
Una specifica: i figli che studiano hanno diritto alla reversibilità anche se svolgono un lavoro dal quale deriva un piccolo reddito “annuo non superiore a un importo pari al trattamento minimo annuo di pensione previsto dal Fondo Pensioni lavoratori dipendenti maggiorato del 30%, riparametrato al periodo di svolgimento dell’attività lavorativa”.
Se non c’è il coniuge e non ci sono figli superstiti, allora ha diritto alla pensione di reversibilità il genitore del pensionato che abbia compiuto il 65esimo anno di età.
Infine, compresi fratelli celibi e sorelle nubili, che sono posti in graduatoria sotto i genitori.
La Corte Costituzionale ha stabilito inoltre che la pensione di reversibilità dei nonni può essere concessa non solo ai nipoti minorenni ma anche maggiorenni orfani o inabili al lavoro.
di: Micaela FERRARO
FOTO: PIXABAY
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