La tassa introdotta dal Governo Monti era già prevista dal Dpr 642 del 1972
Introdotta dal decreto Salva Italia e convertita in legge nel 2011, l’imposta di bollo sul conto corrente era in realtà prevista dal 1972, la legge del Governo Monti ha solo integrato la lista degli atti sottoposti a tassazione.
L’imposta di bollo si applica alle comunicazioni e rendicontazioni su conti corrente, libretti di risparmio e prodotti finanziari le cui giacenze superano l’importo di 5.000 €. La tassazione viene applicata al momento della rendicontazione periodica e, in base al contratto, può essere applicata trimestralmente, annualmente o mensilmente. In ogni caso, secondo il comma 2 dell’articolo 19 del dl 201 del 2011, la comunicazione si intende effettuata almeno una volta l’anno, anche nel caso in cui non sussista l’obbligo di invio e che se “gli estratti conto sono inviati periodicamente nel corso dell’anno, l’imposta di bollo dovuta è rapportata al periodo rendicontato“.
L’importo dell’imposta di bollo su conto corrente è di 34,20 euro l’anno per le persone fisiche e di 100 euro l’anno per le persone giuridiche e titolari di partita Iva.
L’imposta di bollo si applica anche al libretto di risparmio dato che non viene considerato un prodotto di investimento (visto che è generalmente usato dalle famiglie per gestire i risparmi correnti). Da ricordare che l’imposta di bollo su prodotti finanziari come conto deposito o Buoni Fruttiferi Postali è calcolata con aliquota dello 0,20% dal 2014 in quanto considerati prodotti di investimento.
Per quanto riguarda i buoni fruttiferi, se l’imposta di bollo eccede gli interessi maturati, viene ridotta a copertura dei soli interessi, il risparmiatore potrà quindi riscuotere il capitale investito. Nel caso in cui a un conto corrente sia affiancata una linea vincolata si applica l’aliquota dello 0,2% sulle somme vincolate e l’imposta di 34,20 € sulle somme destinate all’uso corrente.
Per il calcolo dell’imposta di bolla sul conto corrente si deve fare riferimento all’anno civile, nel caso in cui il rapporto abbia una rendicontazione inferiore all’anno e l’imposta viene rendicontata in considerazione dei giorni effettivamente fruiti. Se dovesse emergere una rendicontazione inferiore a un euro, sarà comunque dovuto un euro.
Facciamo un esempio, se una persona sottoscrive il 20 novembre un conto corrente dove fluiscono 25.000 euro, la rendicontazione deve essere fatta sui giorni effettivi in cui il conto nell’anno è stato attivo, cioè 42 giorni, quindi l’imposta dovuta di 34,20€ deve essere rapportata a tale periodo. Il calcolo è di questo tipo: (34,20 X 42): 365 e l’imposta dovuta è di 3,93 €. Se invece sul conto viene applicata una rendicontazione trimestrale, si hanno quattro periodi di imposta: se per alcuni trimestri la giacenza media è stata inferiore a 5.000 euro, non viene applicata l’imposta, mentre viene rendicontata sui giorni effettivi in cui il limite è stato superato.
Se, ad esempio nell’anno 2020, un conto ha superato la giacenza di 5.000 euro solo negli ultimi due trimestri, l’imposta di bollo sarà di 17,10 euro. Nel caso in cui il contratto prevedesse rendicontazione annuale, il calcolo deve essere fatto sulle somme in giacenza al 31 dicembre rapportate ai giorni dell’anno in cui il conto è stato aperto.
Nel caso in cui uno stesso soggetto abbia intestati più rapporti, sarà tenuto al pagamento dell’imposta per ogni rapporto. Ad esempio, se ha un conto di deposito e un conto corrente dovrà versare l’imposta di bollo per entrambi. Se però l valore delle giacenze non supera i 5.000 €, non è dovuta l’imposta di bollo, ma a tal fine devono essere considerati unitariamente tutti i rapporti di conto corrente e i libretti di risparmio identicamente intestati, intrattenuti con la medesima banca, con Poste Italiane spa o emessi da Cassa depositi e prestiti.
Ci sono anche delle esenzioni per l’imposta di bollo, ad esempio quei conti corrente e libretti di risparmio che, pur superando la soglia dei 5.000 euro, sono intestati a soggetti con Isee inferiore a 7.500 euro che siano titolari di un conto base. Sono conti base quei rapporti aperti da soggetti in situazione di svantaggio sociale e che hanno bisogno del conto per far fronte ai limiti all’uso del contante, oppure per i titolari di pensioni minime che devono aprire il conto per poterla ricevere. Il conto base è un prodotto a cui non si applicano spese.
Per godere dell’esenzione il titolare del conto deve procedere all’autodichiarazione Isee presso la propria banca entro il 31 maggio di ogni anno chiedendo la non applicazione dell’ imposta di bollo. Nel caso in cui il titolare non presenti l’autodichiarazione Isee, oppure superi la soglia dei 7.500€, l’imposta di bollo viene applicata dal 1° gennaio dell’anno in corso. Il gestore del servizio deve comunicare al cliente che è decaduto dai benefici e deve quindi versare l’imposta di bollo e il cliente può recedere entro due mesi.
Esenti dall’imposta anche le Onlus o altri enti del Terzo Settore, l’imposta di bollo non si applica nemmeno ai rapporti aperti per ordine dell’autorità giudiziaria. Rientrano in questa categoria i depositi giudiziari e i rapporti aperti nel Fondo Unico Giustizia, in questo fondo confluiscono i conti deposito, conti corrente e libretti di deposito e altri strumenti finanziari che sono oggetto di sequestro nell’ambito di procedimenti di natura penale o in applicazione di misure di prevenzione.
Esente, inoltre, chi presenta un saldo negativo.
E come si paga? L’imposta di bollo su conto corrente, libretti di risparmio, conti deposito e altri prodotti finanziari, viene trattenuta e versata direttamente dall’intermediario che quindi funge da sostituto di imposta. Proprio per questo va fatta attenzione per quanto riguarda i conti detenuti all’estero. Le banche estere infatti non fungono da sostituti di imposta e di conseguenza le somme presenti nei conti esteri devono essere denunciate nel Modello Redditi in sede di dichiarazione fiscale, utilizzando il riquadro RW. Su queste somme l’imposta di bollo prende il nome di Ivafe Imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero. L’intermediario è obbligato a tale versamento e deve eseguirlo entro il 16 febbraio di ogni anno con riferimento al valore delle attività al 31 dicembre dell’anno precedente.
di: Flavia DELL’ERTOLE
FOTO: PIXABAY
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