
Cina, USA, prezzo del petrolio, tutto quello che c’è da osservare nei prossimi giorni
Finito di scartare l’uovo, i mercati attendono interessanti risvolti internazionali. Per quest’oggi gli occhi sono tutti sul Pil cinese nel primo trimestre. Giovedì 21 ci saranno gli interventi, a Washington, di Jerome Powell e Christine Lagarde sul Fmi dato che saranno riviste le stime di crescita globale per il 2022 (anche a causa della guerra in Ucraina) e verrà mostrato il rischio recessione in un numero di Paesi sempre crescente.
Venerdì prossimo arriveranno anche i dati sui Pmi dell’Eurozona che prevedono un rallentamento dell’attività manifatturiera e dei servizi, ma resteranno ampiamente sopra i 50 punti (quindi in fase espansiva).
Si attende anche l’andamento dei ei titoli di Stato, da cui dipenderà l’andamento di Wall Street, delle Borse asiatiche e di quelle europee.
Anche le banche centrali saranno da tenere d’occhio, dato che sono sempre più aggressive e i rendimenti dei T-Bond e dei Btp a 10 anni hanno chiuso sui massimi (rispettivamente al 2,83% e al 2,5%.
«La prossima settimana la tendenza di fondo rimarrà questa – ha spiegato il senior strategist di MPS Capitalservices, Vincenzo Bova – la Fed è intenzionata ad alzare a maggio i tassi Usa di 50 punti base e i mercati si aspettano che farà lo stesso anche a giugno e probabilmente a luglio. E in Eurozona la Bce è restata sulle sue posizioni ma si vede che la sua preoccupazione maggiore è l’aumento dell’inflazione, per cui, come ha detto, chiuderà il Qe nel terzo trimestre, non si sa ancora quando, ma non sarà secondario se lo farà a luglio oppure a settembre. La fine degli acquisti a luglio significa che rialzerà i tassi a settembre, mentre se finisce a fine settembre vuol dire che farà un rialzo solo a dicembre».
I mercati azionari prevedono scenari ancora incerti, soprattutto a causa della situazione ucraina.
«La prossima settimana – sottolinea Bova – sulla base dei livelli attuali, un rimbalzo tecnico ci può anche stare, resta il fatto che sono rimbalzi, come quello di marzo, che non sono rally sostenuti, destinati a durare, Tutto dipenderà dai tassi: se continueranno a salire i mercati resteranno sotto pressione».
Secondo le stime il Pil cinese nel primo trimestre dovrebbe crescere del 4,2% tendenziale e dello 0,7% congiunturale. Dati che potrebbero cambiare a causa degli effetti del lockdown che è in corso in diverse città in Cina (Shanghai e Shenzhen). A fine anno la crescita del Pil cinese per rispettare le aspettative dovrebbe essere del 5,5% e la Pboc sta facendo di tutto per fa ripartire l’economia, ma la politica del zero covid non aiuta. Mercoledì inizia ad Hainan una delle più importanti riunioni in ambito economico cinese, la riunione annuale dei leader politici e commerciali.
Negli States invece è giovedì il giorno di massima attenzione, se Powell dovesse accennare al fatto che dopo maggio la Fed continuerà a rialzare I tassi di mezzo punto, difficilmente i rendimenti dei Treasury scenderanno e quindi le Borse continueranno a essere instabili.
Dalla Federal Reserve è già stato dichiarato la disponibilità di ridurre il bilancio da 9.000 miliardi di dollari fino a un ritmo di 95 miliardi al mese e ci si aspetta che di qui alla fine dell’anno farà almeno 6-7 rialzi dei tassi d’interesse, per un totale di 200-250 punti base. Invece per la Bce i mercati si aspettano uno o due rialzi dei tassi quest’anno.
Forte l’attenzione anche sui Treasury Usa, per loro l’inversione della curva dei rendimenti del due-10 anni, che per i mercati è un importante segnale di recessione in 12-24 mesi, è stata un fenomeno temporaneo e il decennale è ai massimi da tre anni, intorno al 2,8%.
Questo potrebbe essere difficile da gestire per i mercati azionari dato che dopo un’inversione, se il tasso del decennale torna a salire, sarà un pericoloso segnale di recessione in arrivo.
«Se nei prossimi mesi – ha spiegato Bova – la curva del 2-10 continuerà a irripidirsi e non fletterà vuol dire che i mercati pensano che la Fed farà tutti i rialzi dei tassi nel 2022 e che nei due anni seguenti e in particolare nel 2024 li taglierà» questo soprattutto perché sarà costretta a far fronte a un calo della crescita e probabilmente a una recessione.
Negli ultimi giorni è cresciuto il prezzo del petrolio, con il Wti che torna a a 106 dollari al barile. In questo ambito tutto verrà deciso a seguito della scelta europea di vietare o meno l’importazione del petrolio russo.
La decisione è al centro di studi a Bruxelles e per trovare una quadra potrebbero volerci mesi, ma “se l’Ue dovesse approvare il divieto – ha spiegato Bova – il prezzo potrebbe tornare sui massimi” (quindi 130/140
La misura è allo studio degli uffici di Bruxelles e non si sa quando potrebbe essere decisa, potrebbero volerci mesi. “Se – dice Bova – penso che” e cioè a 130-140 dollari al barile.
di: Flavia DELL’ERTOLE
FOTO: PIXABAY
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