La Turchia sta cercando di mantenersi in equilibrio fra la dipendenza energetica dal gas russo e le relazioni politiche con Mosca
Fra le ripercussioni economiche dell’invasione russa dell’Ucraina più evidenti nel breve termine c’è un riposizionamento strategico delle potenze a livello territoriale: l’assedio di Mariupol ne è il simbolo, proprio perché il controllo della città portuale garantirebbe a Mosca un nuovo accesso al Mar Nero. Questo scombinerebbe gli equilibri della regione, con conseguenze non di poco conto anche per la Turchia.
Lo sa bene Erdogan che si è visto costretto a prendere delle contromisure contingenti ma anche a ripensare la sua intera strategia di accesso al mare. A inizio conflitto infatti Ankara ha applicato la Convenzione di Montreux del 1936 che, in caso di guerra, riconosce alla Turchia la facoltà di chiudere il passaggio degli stretti di Dardanelli e Bosforo al passaggio di navi militari.
Il controllo della zona è fondamentale per Ankara anche e soprattutto alla luce della recente scoperta di riserve di gas nel lotto del Sakarya, in cui si stima che si trovino 540 miliardi di metri cubi di gas. Il Paese al momento dipende al 90% da forniture estere di gas (per il 45% dalla Russia) e un tale bacino è preziosissimo per un graduale affrancamento da questa dipendenza energetica.
È così che la Turchia ha inviato le sue tre navi trivelle per la ricerca di idrocarburi al largo del porto di Zonguldak, compiendo al contempo esercitazioni navali militari nel Mar Nero, nel Mar Egeo e nel Mar Mediterraneo. Lo scopo è quello di “divenire la principale potenza navale nella regione e nel mondo” come rivendicato.
Queste esercitazioni hanno avuto una valenza tanto militare, rappresentando un rafforzamento della presenza navale della Nato nell’area, quanto strategica per la Turchia.
È anche per questo che Ankara ha voluto mantenere un ruolo di mediatore nel conflitto, da un lato mantenendo i rapporti con la vicina Russia, le cui navi militari con testate nucleari sfilano nei canali turchi, dall’altro sostenendo le posizioni dell’Ucraina la cui presenza argina la minaccia Russa nel Mar Nero.
Il tutto, mentre si guarda al 2023 quando s terranno le elezioni più difficili per Erdogan, che dovrà fare i conti con le conseguenze della peggior crisi economica del Paese nell’ultimo 20ennio.
di: Marianna MANCINI
FOTO: ANSA/EPA/TURKISH PRESIDENT PRESS OFFICE
Potrebbe interessarti anche: