Non solo la guerra, per il riso il problema è dato anche dalla siccità
Tra i molti effetti della guerra c’è anche il cambiamento delle abitudini della spesa. Gli italiani, nonostante le numerose rassicurazioni, decidono di fare scorte di zucchero, pasta di semola, riso, farina e olio di semi temendo di non trovarli più negli scaffali.
Ha spiegato Alessandro Masetti, responsabile dei prodotti Freschi e Surgelati di Coop Italia: «alcune dinamiche poco razionali e la preoccupazione sulla catena di approvvigionamento hanno trasformato abitudini della popolazione». In un’audizione davanti alla Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati Masetti ha sottolineato che si è registrato un forte aumento anche per l’olio di semi, che ha raggiunto il 35% del totale degli acquisti.
A cambiare è stato anche il rapporto tra consumatori e industria alimentare: se i costi per la pasta di semola a monte della filiera sono aumentati del 24%, solo il 14% è stato trasferito sulla vendita. La preoccupazione è data da ciò che potrebbe succedere quando gli aumenti dei prezzi verranno scaricati integralmente o quasi sui consumatori. Secondo Masetti «a fronte di questo ulteriore aumento dei prezzi, ci potrebbe essere una forte contrazione delle vendite».
«Durante marzo si è registrato invece un calo del 13% in termini di volumi sui prodotti ortofrutticoli. Questo rischia di innescare due spirali contrapposte, quella dei prezzi crescenti che stiamo continuamente riconoscendo e quella dei consumi calanti, che se si incrociano diventano una tempesta molto pericolosa» ha dichiarato Claudio Mazzini, responsabile commerciale del settore Ortofrutta di Coop Italia. Le preoccupazioni per questo andamento del mercato sono sui possibili effetti su piccole e medie imprese e sull’agricoltura italiana.
Se si guarda al settore dell’ortofrutta e quello della carne, secondo quanto riportato da Mazzini, «ogni due punti di inflazione ne perdiamo uno di consumi». In questo modo «se la forchetta stimata di 8-10 punti di inflazione a fine anno sarà confermata reale, vorrà dire aver 4-6 punti di riduzione dei consumi, cosa che non si vedeva dallo choc petrolifero del ’74». Si rende così necessario avere «interventi urgenti a sostegno, non per la grande distribuzione ma per i consumi, sia sull’Iva che sui costi energetici».
L’allarme di Coldiretti è relativo al riso, un prodotto importantissimo per il comparto alimentare italiano su cui pesa, oltre l’aumento dei costi di produzione a casa della guerra, anche la siccità che sta colpendo gravemente le semine di riso. Il riso si trova a essere al centro della morsa da una parte dei rincari energetici, di gasolio e di fertilizzanti e dall’altro dei livelli di falda eccezionalmente bassi nelle zone in cui viene coltivato.
Basti pensare al fiume Po che, all’altezza del Ponte della Becca (Pavia), è sceso sotto i 3,38 metri. La provincia di Pavia, insieme a quelle di Novara e Vercelli, sono la sede di produzione del 90% del riso italiano.
Nei prossimi mesi le semine potrebbero avere una contrazione di oltre tremila ettari, secondo i dati di Coldiretti quello del riso è un settore che vanta «227mila ettari coltivati e 3700 aziende agricole che raccolgono 1,5 milioni di tonnellate di riso all’anno» e una «gamma varietale unica e fra le migliori a livello internazionale».
La preoccupazione è data anche dalle prospettive future, dato che si prospetta una crescita mondiale di domanda di riso, come sottolineato dal dipartimento di agricoltura degli USA che osserva con attenzione le dinamiche russe-ucraine dato che sono due tra i più grandi Paesi esportatori di riso.
di: Flavia DELL’ERTOLE
FOTO: PIXABAY
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