Il rincaro più salato spetta all’olio di semi (+65,5%), seguito da farina (17,2%) e dal burro (+15,7%)
Il rincaro dello scontrino della spesa è sotto gli occhi di tutti e non sembra dare cenni di inversione. Il costante monitoraggio di Coldiretti ci fornisce qualche indicazione sui prodotti che, stando alle rilevazioni Istat sull’inflazione ad aprile 2022, sono ormai finiti nella black list degli italiani.
Partiamo dai prezzi di cibi e bevande, aumentati in media del 6,3%. La classifica dei rincari è guidata dall’olio di semi, schizzato a +65,5%, e in particolare quello di girasole che più ha risentito del conflitto in Ucraina, fra i principali produttori di questi semi.
Al secondo posto c’è la farina, i cui prezzi sono in picchiata del 17,2% a causa dell’aumento del prezzo del grano che ha portato anche il costo del pane a +8,4% e quello della pasta a +14,1%. Sul terzo gradino del podio c’è il burro (+15,7%).
In crescita rispetto al 2020 anche i prezzi della carne di pollo (+12,2%) e della verdura fresca (+12%). Seguono i frutti di mare con +10,2%, i gelati a +9,5%, le uova con +9,3%.
Oltre all’effettivo aumento del prezzo delle materie prime (anche) a causa del conflitto, ci sono poi gli effetti psicologici della guerra che ha spinto i consumatori italiani a fare scorta, così com’era successo anche nella prima pandemia. Lo conferma il fatto che siano aumentati anche i volumi di acquisto di alcune categorie quali la pasta di semola, la farina, lo zucchero, il riso e l’olio di semi ma anche altri prodotti a lunga scadenza come le conserve.
Come ha spiegato un rapporto dell’Osservatorio sui Conti pubblici guidato da Carlo Cottarelli, l’aumento dell’inflazione e il conseguente rincaro delle materie prime sono dovuti solo in piccola parte alla guerra esplosa in Ucraina.
L’80% dell’aumento del gas infatti è stato registrato già prima del 24 febbraio, così come il 79% del rincaro del petrolio. La conclusione dello studio è che la fine del conflitto porterebbe con sé un rallentamento dei prezzi, che però comunque “resterebbero molto più alti di quelli osservati un paio di anni “.
L’aumento del prezzo finale non è che il riflesso di una crisi inflazionistica che riguarda l’intera filiera agroalimentare, che deve affrontare un rincaro del 170% dei concimi, del 90% dei mangimi e del 129% del gasolio.
Rincari che si traducono in un aumento dei costi correnti di oltre 15.700 euro in media, con picchi di 47mila euro medi per le stalle da latte e 99mila euro per gli allevamenti di polli.
«Occorre lavorare da subito per accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali e alle speculazioni» ha ribadito il presidente Coldiretti Ettore Prandini.
di: Marianna MANCINI
FOTO: PIXABAY
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