
L’introduzione del salario minimo scuote politica, Confindustria e Sindacati
In questi giorni il dibattito politico si concentra sull’introduzione del salario minimo in vista dei negoziati che partiranno lunedì sera a Strasburgo. La direttiva europea intende istituire una quota fissa per i paesi dell’Unione e rafforzare la contrattazione collettiva.
In Italia il provvedimento è fermo in Senato vittima di uno scontro politico. Il ministro del Lavoro Andre Orlando si dice ottimista grazie alle “aperture positive da tutte le parti, c’è chi la vuole cotta e chi la vuole cruda. Vediamo qual è il punto di contatto che consenta di intervenire subito in attesa poi di una legge di carattere più organico“, mentre per il ministro della Pubblica Amministrazione Renato Brunetta il provvedimento non va bene “per legge perché è contro la nostra storia culturale di relazioni industriali. Il salario non può essere moderato ma deve corrispondere alla produttività“.
Da Twitter arriva la replica 5 stelle da parte della vicepresidente, Paola Taverna che scrive a Brunetta che “anche nel 1760 e nel 1870 c’erano le ‘relazioni industriali’, poi arrivarono le due rivoluzioni e lo status dei lavoratori migliorò notevolmente. Che dici, vogliamo evolverci un pochino e dare dignità ai lavoratori italiani?” e quella del deputato Pd e responsabile Regioni e Enti locali della Segreteria nazionale Francesco Boccia: “per Brunetta il salario minimo non rappresenta la storia della destra italiana? Per fortuna direi, rappresenta la nostra storia e la realizzeremo, è una battaglia che porteremo a termine insieme all’abbattimento del cuneo fiscale“.
Per il segretario del Pd Enrico Letta “la questione salariale è fondamentale, accanto a questo c’è ovviamente l’impegno ad arrivare al salario minimo, come fanno in Germania e come fanno in Australia, Paesi che sono simili al nostro e che hanno fatto una scelta che anche noi dovremmo fare“. Anche il ministro delle Infrastrutture, Enrico Giovannini, vede favorevolmente il salario minimo in quanto si tratta di “un salario dignitoso a tanti lavoratori. È un tema su cui si stanno confrontando anche in altri Paesi europei“. Per la viceministra dell’Economia Laura Castelli (M5S) si tratta di un “percorso obbligato per chi decide di stare in un’Europa che si dà paletti sociali ed etici. È indispensabile e non può aspettare“.
Le stroncature arrivano dal centro destra, per la presidente dei senatori di Forza Italia, Anna Maria Bernini, “copiare il modello tedesco del salario minimo non è la strada idonea per l’Italia. Per un liberale l’imposizione di un salario minimo per legge sarebbe una violazione della libertà contrattuale e rischierebbe di indurre le piccole imprese a recedere dai contratti nazionali applicando un salario più basso di quello fissato dagli accordi. Il problema è diminuire il costo del lavoro per le aziende e assicurare una busta paga più pesante per i lavoratori“. Mentre per il ministro per lo Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti, della Lega, la questione salariale è “un problema che va affrontato. Non si può mettere in carico un altro costo su aziende che ne hanno già molti. Il salario minimo non deve essere un tabù, ma bisogna capire cosa si fa, la priorità è il recupero del potere di acquisto. In Italia i salari sono bassi e questo è un dato oggettivo“.
Anche il il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, è intervenuto sul tema e ha dichiarato che se il provvedimento sarà “ben studiato” sarà “una buona cosa”, inoltre per Visco il salario minimo “ha vari effetti positivi, il rischio sta nel livello, perché se è eccessivo può portare a non occupare persone che potrebbero invece voler lavorare al di sotto di quel livello. Quello che è importante è non legare al salario minimo automatismi“.
Secondo il vicepresidente di Confindustria, Maurizio Stirpe, non ci sarebbe “nulla in contrario a tre condizioni: che il salario minimo venga fissato come percentuale compresa tra il 40 e il 60% del salario mediano e che non venga confuso con la retribuzione proporzionale e sufficiente dell’articolo 36 della Costituzione. Terza condizione è che il salario minimo deve operare per tutti i contratti, non solo per le aree in cui non c’è la contrattazione collettiva“.
Il segretario Uil Pierpaolo Bombardieri si è detto favorevole purché il salario minimo “non sostituisca i contratti” e che “coincida con i minimi contrattuali“, mentre il segretario Cisl Luigi Sbarra ha dichiarato che il salario minimo dev’essere “esteso e rafforzato attraverso la contrattazione” e chiede al Governo l’apertura di un “confronto sui contenuti della delega fiscale“.