
Fondazione Di Vittorio Cgil: salari medi in Italia -10,7 mila euro rispetto a Francia e -15 mila euro a Germania
Il quadro che emerge dal rapporto della Fondazione Di Vittorio Cgil è desolante. Nonostante migliori la situazione rispetto al 2020 passando da 27,9 a 29,4 miliardi, in Italia il salario lordo annuale medio segna un divario netto con il resto dell’Eurozona.
In Francia la media supera i 40,1 mila ero, in Germania 44,5 mila euro, mentre in Italia la media è di 37,4 mila euro lordi l’anno. La differenza rispetto alla Francia è di 10,7 mila euro mentre sale a 15mila euro la differenza con la Germania.
Da segnalare inoltre che il 26,7% dei lavoratori dipendenti, cioè 5,2 milioni di persone, nel 2021 hanno denunciato meno di 10mila euro annui.
I dati arrivano durante il dibattito politico sul salario minimo, norma mancante in Italia mentre in questi giorni in Germania è passata la legge per alzare il salario minimo a 12 euro l’ora.
Fulvio Fammoni, presidente della Fondazione Di Vittorio, ha commentato: «quando in Europa salari e occupazione diminuiscono, in Italia calano di più, quando invece aumentano in Italia crescono meno – secondo il Presidente a incidere particolarmente sulla media sono – i 5,2 milioni di lavoratori dipendenti (26,7%) che nella dichiarazione dei redditi del 2021 denunciano meno di 10 mila euro annui. Se nessun dipendente ricevesse un salario annuo inferiore a 10 mila euro lordi si otterrebbe immediatamente un recupero significativo rispetto alle medie salariali di altri Paesi».
Dai dati della Fondazione emerge che nell’Eurozona la forza lavoro italiana è quella meno qualificata e più precaria. La percentuale delle professioni non qualificate è il 13%, mentre i lavoratori che hanno scelto o dovuto scegliere il part time sono il 68,2% che comporta “la piaga dei bassi salari” che “può essere sconfitta solo attraverso il lavoro di qualità che vuol dire innanzitutto combattere il lavoro precario, purtroppo da anni in costante crescita con il record dei contratti a tempo determinato. Significa inoltre contrastare il part-time involontario, che fra l’altro in alcuni settori prevede un numero bassissimo di ore” secondo la la segretaria confederale della Cgil, Francesca Re David. La necessità, per la segretaria confederale, è quella di “rinnovare i contratti collettivi nazionali e recepire la direttiva europea sul salario minimo da definire attraverso il trattamento economico complessivo dei Ccnl firmati dalle organizzazioni maggiormente rappresentative” ed “è fondamentale una legislazione che sostenga la contrattazione“.
Un parere favorevole all’introduzione del salario minimo a 9 euro lordi l’ora arriva dall’Ufficio studi della Cgia. Il salario minimo deve però tenere in considerazione il Trattamento Economico Complessivo (Tec) e non la paga oraria. Cgia pone inoltre il veto alla remunerazione degli apprendisti. Secondo gli Artigiani di Mestre il rischio è l’estinzione dell’istituto dato che il Tec include anche il rateo delle mensilità aggiuntive (tredicesima e quattordicesima), del Trattamento di Fine Rapporto, della quota dovuta agli enti bilaterali e di altri istituti di fonte contrattuale, come la Riduzione dell’Orario di Lavoro, i permessi, le ferie e se il calcolo del salario tiene conto di tutti questi importi i lavoratori ricevano già una retribuzione lorda oraria superiore ai 9 euro.
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