L’omicidio del presidente del Banco Ambrosiano rimane uno dei misteri irrisolti della storia recente d’Italia
Una mattina di 40 anni fa, il 18 giugno del 1982, il banchiere e giornalista Roberto Calvi veniva trovato impiccato sotto il ponte Blackfriars a Londra. Calvi era il presidente del Banco Ambrosiano, uno dei principali istituti di credito privati cattolici italiani, il cui crack nello stesso anno fu uno dei più disastrosi del sistema finanziario tricolore.
Un dissesto stimato fra 1,2 e 1,3 miliardi di dollari. La morte di Calvi, l’esito più drammatico del fallimento, è in realtà ancora un mistero nel quale si intrecciano fila contorte, dalla P2 al Vaticano, dalle organizzazioni criminali come la Banda della Magliana al sistema giudiziario.
La prima frettolosa sentenza di suicidio ben presto si trasformò in un’accusa di omicidio i cui mandanti rimangono tutt’oggi ignoti. Calvi fu trovato appeso in un angolo sottostante il ponte, zavorrato da sassi e mattoni.
Per mano di Calvi il Banco Ambrosiano si trasformò da cauto istituto di credito dedicato alla comunità cattolica del nord-Italia a istituto finanziario proiettato anche e soprattutto nei paradisi fiscali esteri, verso i quali negli anni trasmigrarono miliardi di dollari. Flussi ancora oggi non del tutto ricostruiti.
Grazie alle sue conoscenze, fra tutte Michele Sindona e Licio Gelli, nel 1975 Calvi entrò a far parte della P2, ma strinse rapporti anche con l’ex agente segreto Francesco Pazienza e con il “faccendiere” Flavio Carboni, deceduto quest’anno.
La gestione spregiudicata dell’Istituto “sventò” una prima inchiesta di Banca d’Italia poi affidata al giudice Emilio Alessandrini, che morì quattro mesi dopo in un attentato dell’organizzazione terroristica Prima Linea.
In quello stesso periodo il governatore della Banca d’Italia Paolo Baffi e il vicedirettore generale con delega alla vigilanza Mario Sarcinelli, che avevano ordinato l’ispezione del Banco Ambrosiano, furono accusati dalla Procura di Roma di interesse privato in atti d’ufficio e favoreggiamento personale, accuse poi smentite due anni dopo che però di fatto bloccarono le prime indagini sui conti.
Nonostante questo, il 21 maggio del 1981 Calvi venne arrestato e condannato a quattro anni per violazione delle norme valutarie. Dopo la condanna in primo grado Calvi ottiene la libertà provvisoria in attesa del processo d’appello e torna alla guida del Banco. A questo punto però una nuova indagine di Banca d’Italia coordinata da Carlo Azeglio Ciampi ricostruisce un buco complessivo di oltre 1.400 milioni di dollari nelle casse del Banco.
A quel punto Calvi, destituito dal consiglio d’amministrazione, decide di scappare: è il 17 giugno 1982 e si reca in Jugoslavia, poi a Klagenfurt in Carinzia e infine Londra passando per Innsbruck. Il giorno dopo il ritrovamento del suo cadavere.