In Italia i tassisti protestano contro il mancato stralcio dell’articolo 10 del ddl concorrenza. Ministra Bellanova: “non ci sarà nessuno stralcio”
Chi vuole prendere un taxi oggi e domani incontrerà seri problemi. È cominciato questa mattina alle 8 lo sciopero nazionale di 48 ore dei tassisti che protestano contro l’articolo 10 del Ddl Concorrenza. A Piazza della Repubblica, a Roma, è partito un corteo delle auto bianche che sfileranno per le vie del centro per raggiungere Piazza Venezia.
Dopo la fumata nera dello scorso 27 giugno la viceministra delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili, Teresa Bellanova, su delega del governo aveva nuovamente convocato i sindacati, ma il nuovo confronto, spiegano i rappresentanti della categoria, non ha avuto esito positivo “perché l’articolo 10 del ddl concorrenza non verrà stralciato ma modificato nelle parti non sostanziali“. «Siamo sempre più convinti – sottolineano – che la riscrittura delle norme per migliorare il settore debba avvenire non con una legge delega inserita in un ddl concorrenza, ma attraverso un provvedimento di confronto tra categoria, governo e sindacati».
Nel mirino dei tassisti c’è la deregolamentazione del settore e, nello specifico, a non andare giù è “l’adeguamento dell’offerta di servizi alle forme di mobilità che si svolgono mediante applicazioni web che utilizzano piattaforme tecnologiche per l’interconnessione dei passeggeri e dei conducenti“, come recita l’articolo 10 del ddl. Ma anche, più in generale, “la promozione della concorrenza, anche in sede di conferimento delle licenze, al fine di stimolare standard qualitativi più elevati“.
E mentre da noi la guerra è appena iniziata, cosa accade negli altri Paesi? In Germania i tassisti della capitale hanno perso parecchie battaglie: per introdurre una tariffa legata al tempo; contro l’obbligo delle carte di credito; per impedire l’arrivo di Uber e Bolt. Oggi la tariffa iniziale è di 3,90 euro e aumenta di 2,30 euro per ogni km, ma dopo 7 km scende a 1,65 euro. Le concessioni sono crollate da 8044 del 2019 a 6129 nel 2022.
A New York Uber è stata la rovina e la rinascita degli iconici “yellow cab”. Quando la app dei trasporti privati arrivò nel 2014, gli affari per i taxi crollarono ma da quest’anno la app ha stretto un accordo con i 13.587 taxi di New York e li ha inseriti nel proprio sistema di prenotazione: a ogni richiesta, il cliente trova Uber e Taxi, con indicata la tariffa, mancia esclusa. Si paga online. Risultato? Mentre le corse di Uber sono diminuite del 15%, quelle dei taxi, grazie alla sinergia, sono aumentate del 5.
Nel Regno Unito il mercato dei taxi è liberalizzato. Uber e altre alternative alle vetture ufficiali, come Lyft, possono girare quasi liberamente. Al momento l’Inghilterra conta 251 mila licenze a taxi ufficiali e altre 193 mila circa a vetture di noleggio privato. A Londra non c’è un limite alle licenze ufficiali dei taxi. Per ottenerla, bisogna superare esami medici e di conoscenza della città. Il loro costo si aggira intorno ai 1200 euro una tantum più altri 150 circa per il rinnovo annuale. Un tassista nella capitale (ufficiale o meno) guadagna in media poco meno di 30 mila euro all’anno.
A Parigi dopo la pandemia è quasi impossibile trovare un taxi. La compagnia G7, che ha quasi metà del mercato di taxi, ha chiesto alla Prefettura la concessione di 500 licenze aggiuntive. Intanto l’offerta alternativa per gli utenti è diminuita anche sul fronte degli autisti Uber: almeno 6.000 hanno gettato la spugna durante la crisi sanitaria e tra il 2021 e il 2022 il numero di candidati all’esame per ottenere una licenza per lavorare con la piattaforma del gigante americano è crollato del 50%.