
L’arma della Russia contro l’Unione Europea sono i prezzi del gas, che salgono di 18 volte rispetto al 2020
A inizio 2020 il costo del gas che l’Ue importava dalla Russia era di 10 euro a megawattora. Lo scorso 7 luglio si sono raggiunti i 183 euro. Un prezzo 18 volte più alto che rappresenta l’arma economica più feroce che la Federazione Russa abbia utilizzato finora contro l’Unione Europea, in risposta alle sanzioni ricevute per via dell’invasione dell’Ucraina.
Secondo BusinessEurope, confederazione che raggruppa 40 organizzazioni europee a tutela degli imprenditori e dei datori di lavoro, i contraccolpi saranno dolorosi, tanto che le stime di crescita dell’economia Ue sono state tagliate dell’1,3% rispetto alle precedenti previsioni. La crescita vera e propria entro il 2022 dovrebbe essere solo dello 0,6%, secondo BusinessEurope, tanto che aumenta la prospettiva che i singoli Stati membri dell’Ue possano subire almeno recessioni tecniche nel 2022.
Bisogna destreggiarsi con il rischio che la Russia tagli definitivamente le forniture di gas verso l’Europa. In questo caso il rischio di una vera recessione diventa più concreto. Lo ha sottolineato anche il governatore di Bankitalia Ignazio Visco, che ha spiegato che l’eventuale stop ai rifornimenti di gas russi porterebbe davvero l’Italia in questa condizione, con il Pil che subirebbe “una contrazione nella media del biennio 2022-23, per tornare a crescere nel 2024″.
Che il Cremlino continui a usare il gas come strumento di controllo sui Paesi europei appare evidente anche dal caso del gasdotto Nord Stream.