
Aumentano anche i prezzi di frutta e verdura, la filiera è in crisi e gli italiani cambiano abitudini di spesa
I rincari a giugno 2022 hanno raggiunto cifre record, come anche l’inflazione, mai così alta dal 1986. Le famiglie italiane ne pagano le conseguenze riempiendo il carrello della spesa. L’olio di semi è aumentano del 69%, il burro del 28%, la pasta del 23%. I dati emergono dallo studio condotto da Coldiretti, che spiega che “a far segnare i maggiori rincari sono i prodotti di base dell’alimentazione delle famiglie, che subiscono gli effetti dell’aumento dei costi energetici e di produzione, alimentati dalla guerra in Ucraina, abbinati al caldo record e alla siccità. In cima alla classifica dei rincari ci sono gli oli di semi, soprattutto quello di girasole che risente del conflitto. Al secondo posto c’è il burro. Al terzo la pasta seguita dalla farina (+21%) proprio nel momento in cui nelle campagne si registrano speculazioni sul prezzo del grano“.
Anche frutta e verdura subiscono aumenti a doppia cifra, con pomodori e pesche al +19%, seguono la margarina e le pere entrambe al +17%. La carne di pollo subisce invece un aumento del 15,1%. Coldiretti ha stimato che il rincaro costerà oltre 8,1 miliardi di euro sulle tasche degli italiani solo per la spesa alimentare.
L’intera filiera agroalimentare è in crisi, infatti “più di un’azienda agricola su 10 (11%) è in una situazione così critica da portare alla cessazione dell’attività. Circa 1/3 del totale nazionale (30%) si trova costretta a lavorare in una condizione di reddito negativo. In agricoltura si registrano aumenti dei costi che vanno dal +170% dei concimi al +90% dei mangimi e al +129% per il gasolio”
Secondo il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, è necessario “lavorare da subito per accordi di filiera tra imprese agricole e industriali con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali e alle speculazioni“.
Dalle indagini Istat emerge come l’aumento dei prezzi vada a gravare sulle spalle delle fasce meno ricche della popolazione, a giugno l’inflazione è salita all’8%, ma per le fasce più deboli nel secondo trimestre è al 9,8%, per i più agiati è al 6,1%.
Federconsumatori analizzando le abitudini di spesa ha indagato un nuovo comportamento: il consumo di carne e pesce è al -16%, per le verdure si scelgono quelle meno costose e si acquista sempre più spesso la merce in offerta perché vicina alla data di scadenza, mentre si evita di andare a mangiare fuori.