
In Europa, è la Spagna la prima a lanciare il dibattito su come riorganizzare gli spazi nelle aziende. Negli States un terzo degli annunci di lavoro riguarda lo smart working
Il Covid e il post-Covid hanno rivoluzionato il mondo del lavoro rendendo lo smart working, auspicato già dagli anni ’50, finalmente realtà.
Finita (speriamo) l’emergenza, lo smart working è rimasto, facendo nascere il dibattito su come utilizzare i grandi spazi rimasti vuoti nelle sedi aziendali. Ne parla El Pais in un ampio servizio, dicendo che le organizzazioni si sono rese conto che file di singole postazioni di lavoro non sono più necessarie” mentre necessitano “spazi ad uso collaborativo, in cui tenere riunioni, innovare, connettere o respirare la cultura aziendale, tanto toccata dopo la pandemia.
La parola d’ordine è “sgonfiare gli spazi”. E le tendenze sono chiave sono essenzialmente quattro, secondo il quotidiano spagnolo: Non territorializzazione in modo che l’ufficio e i dipendenti da remoto coesistano; l’assoluto protagonismo delle aree collaborative e sociali, con diverse tipologie di spazi; la flessibilità e versatilità degli spazi e delle loro attrezzature, e l’umanizzazione degli ambienti di lavoro” in modo da per causare uno spostamento tra i dipendenti verso un ambiente più collaborativo, flessibile e agile.
Endesa, per esempio, la più grande società di energia elettrica della Spagna ha avviato un progetto di ristrutturazione dei propri spazi che è costato 10 milioni di euro per la ristrutturazione del 75% della sede centrale di Madrid, per adattarla a nuove forme di lavoro flessibile.
Da un mese, racconta Pablo Azcoitia, direttore dei media della compagnia energetica, i 2.200 dipendenti che sono concentrati in questi uffici di 33.000 metri quadrati, lavorano due giorni nell’edificio senza una postazione fissa e tre giorni da casa.
Rimane il 25% dello spazio, che non è stato ancora riformato. Però la compagnia elettrica sta valutando la possibilità di affittarlo o di allestire uno spazio di coworking per terzi. Nel frattempo, utilizza la superficie per verificare, ad esempio, se le zone di lavoro silenziose funzionano. Insomma, i Ceo delle aziende avrebbero capito che lo spazio è uno strumento strategico.
Così le ex sale riunioni aperte sono state chiuse e isolate acusticamente per consentire riunioni ibride con personale in loco e remoto, che saranno il 56% del totale e le mense sono diventate caffetterie o uffici di design chill-out in cui le persone possono socializzare comodamente e sempre con la tecnologia integrata.
Anche negli States si discute molto sugli spazi in ufficio. Ma la situazione appare un po’ diversa da quella europea: i “cubicoli”, gli spazi di lavoro negli uffici, sono in gran parte vuoti nel centro di San Francisco e nel centro di Manhattan, ma i lavoratori delle medie e piccole città americane sono tornati ai loro spostamenti.
Annota sul New York Times Emma Goldberg che dopo più di due anni dall’inizio della pandemia, i luoghi di lavoro delle aziende americane si sono frantumati. Alcuni sono quasi pieni come prima del Covid-19, altri sono abbandonati, stampanti spente e tazze che prendono polvere. Inoltre i lavoratori delle medie e piccole città americane sono tornati in ufficio in numero molto maggiore rispetto a quelli delle più grandi città americane.
Tant’è che nelle piccole città, quelle con una popolazione inferiore a 300.000 abitanti, la quota di giornate lavorate da casa retribuite è scesa al 27% (in primavera e dall’ottobre 2020 era al 42% circa). Nelle 10 maggiori città degli Stati Uniti, le giornate lavorate da casa sono oggi passate a circa il 38%, dal 50% che erano nello stesso periodo dell’anno prima, secondo un gruppo di ricercatori di Stanford.
Secondo un altro team di ricercatori della Harvard Business School, il divario regionale nei modelli di ritorno in ufficio è distinguibile nella quota di annunci di lavoro online che consentono il lavoro a distanza. A San Francisco, il 26% degli annunci di lavoro ora consente il lavoro a distanza e, a New York, il 19% lo fa. A Columbus, solo il 13% degli annunci di lavoro consente il lavoro a distanza; a Houston, il numero è del 12,6 per cento, e a Birmingham, in Alabama, è solo del 10,4 per cento.
Il punto, dice la ricerca, è che gli americani hanno sempre vissuto il posto di lavoro in modi completamente diversi: i medici trascorrono lunghi turni in piedi, i camionisti per strada e i lavoratori della conoscenza piegati sui computer. Ma ora, anche le persone all’interno della stessa professione possono avere disposizioni di lavoro molto diverse a seconda di dove si trovano le loro scrivanie.
Quanto invece agli spazi, il servizio del New York Times rileva che “l’occupazione degli uffici di San Francisco è al 39% del suo livello prepandemico e quella di New York al 41%, secondo i dati della società di sicurezza degli edifici Kastle, mentre Austin, in Texas, nel frattempo, è a quasi il 60%”.
In sostanza, metà del Paese ha un’esperienza diversa dall’altra, come sottolinea il professor Bloom, docente a Stanford.