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Attualita'

Iit: è possibile trasferire caratteristiche umane tipiche ai robot

Flavia Dell'Ertole
6 Agosto 2022
Iit: è possibile trasferire caratteristiche umane tipiche ai robot
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L’Istituto italiano di tecnologia ha implementato un test di Turing La domanda che da sempre muove i quesiti ontologici per scoprire cosa davvero renda umano un essere umano è alla […]

L’Istituto italiano di tecnologia ha implementato un test di Turing

La domanda che da sempre muove i quesiti ontologici per scoprire cosa davvero renda umano un essere umano è alla base delle ricerche che si svolgono a Genova, all‘Istituto italiano di tecnologia dall’équipe di scienziati del laboratorio di Social Cognition in Human-Robot Interaction guidata da Agnieszka Wykowska.

Per capire come e quando gli esseri umani vedano i robot come “agenti intenzionali” sono stati messi a punto degli esperimenti ad hoc, implementando un test di Alan Turing non verbale in un setting di interazione essere umano-robot, coinvolgendo iCub. In questo modo, come descritto sulla rivista Science Robotics, è stato scoperto che effettivamente è possibile “trasferire” ai robot alcune caratteristiche tipiche degli esseri umani, in particolare il tempo di risposta, in un modo tale che un essere umano non sia in grado di capire se sta parlando con un suo simile o con una macchina.

Alan Turing è stato uno dei primi scienziati a interessarsi della possibile “umanità” delle macchine, proponendo di “considerare la seguente questione: le macchine sono in grado di pensare?”, immaginando di “descrivere una nuova forma del problema in termini di un gioco che chiamiamo ‘gioco dell’imitazione’. Si gioca in tre, un uomo (A), una donna (B) e un interrogatore (C) […] L’interrogatore è in una stanza a parte rispetto agli altri due. Lo scopo del gioco, per l’interrogatore, è di determinare chi tra A e B è l’uomo e chi è la donna. Li conosce solo come X e Y, e alla fine del gioco può dire ‘X è A e Y è B’ oppure ‘X è B e Y è A’”. Per evitare che l’interrogatore si aiuti ascoltando il tono della voce o la grafia, le risposte di A e B sono scritte a macchina. “Ora facciamoci la seguente domanda: cosa succederebbe se una macchina prendesse il posto di A? L’interrogatore sbaglierebbe con la stessa frequenza di errore quando il test è eseguito da un uomo e da una donna? Queste domande sostituiscono la domanda originale: un robot è in grado di pensare?”.

L’interrogativo ha affascinato sempre più scienziati e le tecnologia sono avanzate a tal punto che sono arrivate alcune risposte, ad esempio un computer programmato per sostenere conversazioni, Eugene Goostman, ha convinto un terzo degli umani volontari che stessero parlando con un vero ragazzo 13enne.

Gli scienziati all’Iit hanno voluto testarne una versione non verbale. Come spiega Wykowska: «il risultato più interessante del nostro studio sta nel fatto che il cervello umano è altamente sensibile alle sfumature del comportamento che rivelano l’’umanità’. Nel test di Turing non verbale, i partecipanti umani dovevano valutare se stessero interagendo con una macchina o con una persona considerando soltanto il tempo di reazione della pressione di un pulsante». L’équipe ha prima misurato i tempi di risposta e l’accuratezza di un profilo umano medio, poi ha chiesto a dei volontari formando delle coppie esseri umani-robot di premere un pulsante ogni volta venisse mostrato un certo segnale su uno schermo.

Francesca Ciardo, prima autrice dello studio, ha commentato: «nel nostro esperimento abbiamo pre-programmato il robot modificando leggermente i parametri di tempi di reazione e di accuratezza del profilo umano medio. In questo modo, le possibili risposte del robot erano di due tipi: la prima completamente umana, quella in cui il robot è effettivamente controllato da un essere umano, e la seconda leggermente diversa da quella di un essere umano, dal momento che il robot è controllato da un algoritmo pre-programmato».

  • istituto italiano tecnologia

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