Secondo l’ultima indagine della Fondazione studi consulenti del lavoro fra le cause ci sono basse retribuzioni, l’aumento dei percettori di sussidi e il mancano matching fra lavoro e formazione
L’estate del lavoro 2022 avanza nel segno della carenza di lavoratori stagionali: ce lo conferma ancora una volta un’analisi della Fondazione studi consulenti del lavoro secondo cui mancano all’appello 22mila stagionali a fronte di una richiesta di quasi 50mila lavoratori, pari al 46%.
Il problema riguarda in particolar modo il comparto turistico e ristorativo che fatica a reperire il personale necessario per la stagione estiva, ma la questione è anche di medio termine. Questa tendenza infatti secondo la Fondazione caratterizzerà tutto il mercato del lavoro anche nei prossimi 6 mesi.
Secondo le stime, entro il 2026 potrebbero mancare un milione e 350mila lavoratori, a fronte di una domanda che sfiora i 4,3 milioni di posti di lavoro.
Solo nel mese di agosto manca il 32% della forza lavoro connessa alle posizioni di cuochi, camerieri di sala e addetti negli stabilimenti balneari, ma il fenomeno riguarda anche altri profili professionali, dall’edilizia ai trasporti ai tecnici dell’ingegneria.
Il quadro delle ragioni di questo calo di forza lavoro è complesso e annovera diversi fattori. Il problema è innanzitutto demografico: basti pensare che fra il 2018 e il 2021 si è sensibilmente ridotto il numero dei residenti in età da lavoro (15-64 anni), con un calo di 636mila persone di cui 262mila con meno di 35 anni (la fascia solitamente più interessata ai lavori stagionali); un calo del 2,1%.
Contestualmente, diminuiscono gli attivi che hanno un lavoro o lo cercano (831mila in meno, un calo del 3,3%) e aumentano gli “scoraggiati”, ossia le persone che non cercano più un’occupazione (194mila in più, in aumento dell’1,5%).
Fra le cause individuate dallo studio ci sono le remunerazioni troppo basse, l’aumento dei percettori di sussidi pubblici durante la pandemia ma anche un fattore sociale legato a un’evoluzione delle priorità delle persone che tendono a privilegiare il benessere individuale e privato e sono meno propensi ad accontentarsi.
C’è poi un problema di formazione professionale. Stando ai dati citati di Unioncamere nel 2022 il mercato del lavoro in Italia avrebbe bisogno di 238mila laureati, 335mila diplomati secondari e 130mila diplomati nelle scuole di formazione professionale. La mancata programmazione dell’offerta formativa, che andrebbe estesa per contribuire ad assicurare la forza lavoro necessaria, rientra quindi fra le cause del fenomeno come spiega il presidente della Fondazione Rosario De Luca, secondo cui “il mancato o scarso funzionamento dei meccanismi di matching non è un fattore ininfluente ma anzi rischia di rendere ancora più difficile l’individuazione e il reclutamento dei profili“.
«C’è l’esigenza – prosegue De Luca – di intervenire in tempi rapidi sulle tante variabili del mercato del lavoro perché il rischio che di qui ai prossimi quattro anni, la situazione possa diventare più critica, non è lontano dalla realtà».