La leader ambientalista in un’intervista all’Adnkronos: “Dobbiamo riportare l’Economia all’Ecologia, all’oikos, la nostra casa, se vogliamo impedire all’economia criminale di distruggere la nostra casa e le nostre vite”
«Dopo il disastro di Fukushima, la Germania aveva deciso di abbandonare il nucleare. I disastri nucleari non sono alternativi alla catastrofe climatica, l’inverno atomico non è alternativo al riscaldamento globale». Lo dice all’Adnkronos Vandana Shiva, attivista ambientale nota in tutto il mondo, commentando la decisione della Germania di bloccare la chiusura dei tre reattori nucleari rimasti attivi.
«Come ci dimostra oggi l’esempio della Francia – spiega Shiva -, l’energia atomica ha bisogno dei fiumi per il raffreddamento. Se continuiamo a usare il fossile, continuiamo a contribuire al cambiamento climatico e questo porta come conseguenza il prosciugamento dei fiumi. Senz’acqua non possiamo far funzionare gli impianti nucleari».
«Occorre osservare le cause profonde e comuni delle crisi molteplici e interconnesse che ci troviamo ad affrontare. Per combattere una tendenza dobbiamo innanzitutto comprendere che cosa la muove – dice, ampliando il discorso a siccità, gli incendi, le inondazioni, il prosciugamento dei fiumi che stanno colpendo l’Europa e il mondo intero -. E ciò che la muove è un modello intensivo di produzione di risorse e di energia avviato con l’industrialismo basato sui combustibili fossili, un modello che esternalizza i costi energetici. Dobbiamo riportare l’Economia all’Ecologia, all’oikos, la nostra casa, se vogliamo impedire all’economia criminale di distruggere la nostra casa e le nostre vite».
«È necessario ridurre l’uso di energia, di acqua e delle altre risorse naturali – prosegue Shiva -, e impegnarci sul fronte dell’efficienza ecologica. Noi di Navdanya stiamo sviluppando un modello di agricoltura resistente al clima che può prevenire inondazioni e siccità attraverso semi resilienti coltivati dagli agricoltori. Invece di definire il Sud del mondo ‘sottosviluppato’ dovremmo rivolgerci alle comunità indigene di quel Sud per imparare come usare meno risorse ma allo stesso tempo potenziare il nostro benessere».
«Siamo in un momento di transizione in cui si ridefinisce il nostro rapporto con la natura e con le culture diverse. Da questo dipende il futuro comune di tutti noi’‘, conclude Vandana Shiva. Diversi conflitti, specialmente nel Medio Oriente, nascono dal petrolio”, osserva la presidente di Navdanya International. La risposta a tutto questo, per Vandana Shiva, «è operare all’interno dei cicli di rinnovamento della terra, sfruttare l’abbondanza della sua biodiversità e le sue potenzialità di rigenerazione per costruire la pace con la terra e la pace tra le nazioni e i popoli».
«Dobbiamo passare da un’agricoltura fondata sul fossile a un’agricoltura ecologica, dalla monocoltura alla diversità, dalla globalizzazione delle multinazionali alla localizzazione democratica, dall’insicurezza alimentare alla sovranità alimentare, dal cibo industriale e processato che genera malattie al cibo che nutre il suolo e l’umanità» dice Shiva commentando la scarsità di materie prime generata dal conflitto in Ucraina e il tema della sicurezza alimentare a livello mondiale.
«Tutti mangiano, ogni angolo della terra fornisce cibo – spiega Shiva -. La nostra salute e la salute del pianeta scaturiscono dalla diversità e dalla ‘legge del ritorno’, sia al suolo sia alle comunità locali che producono cibo. Da trent’anni Navdanya promuove e pratica un’agricoltura ecologica e fondata sulla biodiversità. Se misurata in termini di nutrimento e salute del suolo, la biodiversità produce più cibo. Le monocolture industriali producono merci vuote dal punto di vista nutritivo. Le regole del commercio globalizzato indeboliscono i sistemi alimentari e la diversità».
‘«I cambiamenti climatici – conclude Shiva – sono conseguenza dell’inquinamento dell’atmosfera a causa dei gas serra emessi dal sistema di produzione industriale basato sui combustibili fossili. Fermare l’inquinamento, raggiungendo davvero quota zero è un imperativo ecologico ed etico. Le persone che subiscono l’impatto dei cambiamenti climatici non ne sono la causa, mentre l’1% della popolazione mondiale formata dalle classi super ricche, è responsabile del 50% dell’inquinamento atmosferico. Ma quell’1% sta creando false soluzioni come le ‘emissioni zero nette’, che consentono ai ricchi di continuare a inquinare lasciando che a sopportarne tutto il peso siano gli agricoltori e le popolazioni indigene‘».