
Lo stock di prestiti alle aziende è rimasto sostanzialmente fermo (+0,43%), mentre sul fronte delle sofferenze si è registrata una ulteriore riduzione del 27%
Sofferenze ancora in calo di 13 miliardi di euro, ma prestiti alle imprese fermi al palo in lieve aumento di quasi 3 miliardi. In altre parole: pulizia dei bilanci dai crediti deteriorati e zero rischi sul versante di nuovi finanziamenti, cresciuti solo dello 0,43%, con un consequenziale allarme liquidità per le aziende costrette a pagare bollette energetiche particolarmente salate.
È la sintesi del primo semestre 2022 delle banche italiane che si potrebbe riversare sull’economia reale, soprattutto sulle attività imprenditoriali: lo stock di prestiti alle aziende è rimasto sostanzialmente fermo, passando da 666 miliardi di giugno 2021 a 669 miliardi di giugno scorso (+0,43%), mentre sul fronte delle sofferenze si è registrata una ulteriore riduzione, con l’ammontare crollato da 48 miliardi a 35 miliardi (-27%) in 12 mesi.
Sono le novità principali che emergono dal rapporto mensile sul credito realizzato dal Centro studi di Unimpresa, secondo il quale sono aumentati i prestiti alle famiglie, sostenuti dalla crescita dei mutui di oltre 18 miliardi (+4%) e del credito al consumo di 4,5 miliardi (+4%).
«Il sostegno del settore bancario sarebbe fondamentale in una fase di crisi drammatica per le nostre aziende, con i prezzi dei prodotti energetici fuori controllo. La liquidità degli istituti, assieme a interventi pubblici, resta l’unica speranza per evitare centinaia di migliaia di chiusure, di licenziamenti e di fatturati azzerati», commenta il presidente onorario di Unimpresa, Paolo Longobardi.
Questo tipo di lettura delle statistiche non viene condiviso dalle associazioni delle banche, che, tuttavia, si limitano a fornire il solo dato relativo alla variazione percentuale, sostenendo che il calo dello stock sarebbe legato anche alle cartolarizzazioni e altre cessioni di crediti deteriorati.
«Si tratta di una impostazione che, tuttavia, allo stato, consente di scattare una fotografia parziale rispetto alla dinamica degli impieghi e che, pertanto, potrà eventualmente essere presa in considerazione, soltanto quando sarà eventualmente fornita la più ampia informazione su queste operazioni. Ciò al fine di mettere a disposizione dell’opinione pubblica un confronto omogeneo fra statistiche comparabili, evitando di offrire una ridda di numeri poco utile», concludono gli analisti del Centro studi di Unimpresa.