
Pubblicato l’Infrastructure and Energy Outlook di Standard & Poor’s: secondo l’analisi, il carbone toccherà il picco nel 2024, mentre l’Europa avrà il 60% di rinnovabili entro il 2030
La domanda di carbone termico è destinata a diminuire dopo il picco raggiunto nel 2024, in quanto l’energia elettrica alimentata a carbone viene sempre più sostituita dalle energie rinnovabili in Europa e negli Stati Uniti. È quanto stima S&P Global Commodity Insights (Platts) nel suo ultimo .
Tuttavia, la transizione dal carbone è complessa e lenta per Paesi come la Cina e l’India, che rappresentano il 70% della domanda globale di carbone e stanno affrontando un forte aumento della domanda di energia elettrica, con un bacino di carbone piuttosto nuovo che garantisce energia a prezzi accessibili. Il successo del raggiungimento degli obiettivi net zero per Paesi come Cina, India e Indonesia dipende in modo significativo dalla futura fattibilità economica e tecnica della tecnologia di cattura, utilizzo e stoccaggio del carbonio, aggiunge S&P.
Le energie rinnovabili dovrebbero raggiungere il 60% della produzione di energia elettrica in Europa entro il 2030 e probabilmente il 40% negli Stati Uniti e in Cina, ma rappresentano ancora solo il 18% della domanda globale di energia, prosegue il report
Il continuo sostegno politico rimane importante per ridurre i rischi di credito derivanti dalla volatilità e dal potenziale calo dei prezzi dell’energia a lungo termine, man mano che aumenta la quota di impianti a costo zero o a basso margine, spiega S&P.
Le considerazioni sulla sicurezza dell’approvvigionamento sostengono ulteriormente l’accelerazione dell’introduzione delle rinnovabili, in particolare in Europa, mentre le strutture di back-up, comprese le centrali elettriche alimentate a gas naturale, potrebbero svolgere un ruolo sempre più importante nei prossimi decenni, con l’aumento della quota di produzione di energia rinnovabile intermittente, aggiunge l’outlook
La Cina prevede di raddoppiare la quota del nucleare nel suo mix energetico entro il 2035, portandola a quasi il 10% della produzione, mentre negli Stati Uniti e in Europa la quota di energia nucleare si ridurrà probabilmente al 15% da quasi il 20%, dice S&P.
La crisi del gas e dell’energia in Europa ha aumentato l’attenzione sul tema della sicurezza dell’approvvigionamento energetico, portando forse a un maggiore sostegno per il nucleare; mentre negli USA, diversi Stati hanno considerato incentivi per estendere la durata di vita delle centrali nucleari a sostegno della rete elettrica, rileva S&P.
Dal punto di vista del credito, S&P Global Ratings considera in generale i nuovi investimenti nucleari ad alto rischio, non solo per l’incertezza dei rendimenti quando le nuove costruzioni sono esposte ai prezzi di mercato dell’energia elettrica nel lungo periodo, ma anche per gli elevati rischi di costruzione e per gli obblighi di dismissione degli asset nucleari, difficili da quantificare.
Gli investitori e gli operatori privati continueranno ad essere generalmente restii ad assumere tali rischi, a meno che non siano mitigati da un esplicito sostegno statale e/o da meccanismi di supporto normativo o contrattuale, aggiunge l’outlook.
La crescita della domanda globale di petrolio continuerà nel prossimo decennio, raggiungendo un picco di 112 milioni di barili al giorno, rispetto ai 101 milioni di quest’anno, grazie alla continua espansione dei mercati in via di sviluppo, è quanto stima S&P.
In uno scenario in cui il mondo sia in grado di limitare il riscaldamento globale entro i 2 gradi, probabilità che S&P ritiene bassa, la domanda di petrolio supererà comunque gli 87 milioni di barili al giorno entro il 2040, il che corrisponde a un calo medio dell’1,5% all’anno, secondo le previsioni.
Se la domanda dovesse diminuire più bruscamente, S&P Global Ratings ritiene che i rischi di credito per il settore petrolifero saranno in parte mitigati dalla capacità dell’OPEC di regolare le forniture e dal tipico declino naturale annuo del 4%-5% dei giacimenti. Consideriamo l’accesso e il costo dei finanziamenti come un nuovo importante rischio di credito per il settore, data la crescente attenzione degli investitori al cambiamento climatico.