
Un intervento sui prezzi dei beni di prima necessità, secondo la denuncia dell’associazione, non è più rinviabile
Lo studio del Codacons sui rincari su base annua vede schizzare i listini di diversi settori: stando all’analisi elaborata a partire dai dati definitivi dell’Istat sull’inflazione, i comparti che più hanno reagito agli aumenti sarebbero i voli intercontinentali (+175%), il mercato libero dell’energia elettrica (+135%), la pasta (+25%).
Preoccupano soprattutto i rincari nel settore alimentare dove, ormai abbiamo imparato a riconoscerlo, sono cresciuti a dismisura i prezzi dell’olio di semi (+62,2%), del burro (+33,5%), della farina (23%), ma anche del gelato e delle patatine fritte (entrambi +17%).
A queste spese bisogna poi sommare, nella ricostruzione dei consumi complessivi di una famiglia media, anche i costi degli elettrodomestici che crescono del 20,8%. Sempre nel tech aumentano del 23,8% anche macchine fotografiche e videocamere.
Tirando le somme, secondo il Codacons l’inflazione raggiunta può costare una spesa annua media aggiuntiva di 2.580 euro a famiglia.
Rincari “insostenibili per le famiglie italiane“, tanto che “oramai alcuni servizi e prodotti finora di largo consumo stanno diventando un lusso per ricchi” come spiega il presidente del Codacons Carlo Rienzi.
«In attesa di capire come aumenteranno le tariffe di luce e gas per l’ultimo trimestre dell’anno, appare evidente come non sia più rinviabile un intervento sui prezzi dei beni di prima necessità, a partire dagli alimentari, per i quali è necessario un taglio dell’Iva in modo da determinare una immediata riduzione dei listini al dettaglio e un alleggerimento della spesa dei consumatori» conclude l’associazione.