
Le misure prevedono taglio dei consumi, tetto agli extra-ricavi per i produttori di energia elettrica e il contributo di solidarietà dei produttori di combustibili fossili
I ministri europei dell’Energia hanno raggiunto un accordo politico sulle misure per mitigare gli alti prezzi dell’elettricità: taglio dei consumi, tetto agli extra-ricavi per i produttori di energia elettrica e il contributo di solidarietà dei produttori di combustibili fossili. Lo comunica la presidenza ceca dell’Ue.
Come indica la presidenza di turno, il pacchetto su cui i ministri hanno trovato l’accordo, come da aspettative, riguarda sostanzialmente tre misure: una riduzione obbligatoria del 5% della domanda elettrica, da effettuare nelle ore di punta in tutti gli Stati membri; un tetto di 180 euro per Mwh ai ricavi per le aziende “infra marginali”, che forniscono energia da fonti rinnovabili e nucleare sul mercato elettrico; un prelievo aggiuntivo del 33% sugli extra profitti delle aziende che forniscono elettricità da fonti fossili, chiamato “contributo di solidarietà”.
In questi ultimi due casi, le risorse raccolte verrebbero redistribuite ai consumatori (famiglie e imprese) più vulnerabili, per compensare i rincari. La discussione tra i ministri continua ora sulle altre proposte, fra cui la controversa ipotesi, sostenuta dall’Italia e altro 14 Stati membri (fra cui Francia, Spagna e Polonia), ma avversata dalla Germania, di stabilire un tetto al prezzo generalizzato per tutte le forniture di gas all’Ue, da qualunque provenienza, comprese quelle di gas naturale liquefatto Gnl.
La Commissione europea, da parte sua, ha presentato un “non paper” che sostanzialmente boccia il “price cap” generalizzato per il gas come soluzione troppo complicata, contraria alla logica di mercato, suscettibile di far aumentare la domanda, che invece va ridotta, e soprattutto rischiosa per la sicurezza degli approvvigionamenti. I ministri, inoltre, hanno sul tavolo anche una serie di nuove proposte che la Commissione ha prospettato nel suo “non paper”, alcune delle quali non sembrano soddisfare in particolare il fronte favorevole al “price cap” generale sul gas.
L’Esecutivo comunitario ha confermato di voler imporre un tetto al prezzo solo per il gas russo importato (che è ormai diventato residuale nell’approvvigionamento dell’Ue, rappresentando oggi il 9% delle importazioni rispetto al 40% dell’anno scorso).
In più, la Commissione ha annunciato che elaborerà e lancerà un nuovo indicatore per il mercato del gas, che verrebbe affiancato al Ttf di Amsterdam, e sarebbe dedicato specificamente al Gnl. Oggi il Ttf, che sostanzialmente determina il prezzo del gas sul mercato europeo, finisce con l’attribuire anche al Gnl i rincari del gas dovuti alle manipolazioni delle forniture da parte di Gazprom. E il gas liquefatto trasportato via mare è sempre più, per gli europei, l’alternativa al gas russo.
Un’altra proposta della Commissione, completamente nuova, è quella di imporre un tetto al prezzo del gas usato per generare elettricità. E’ sostanzialmente il “modello iberico”, già in vigore in Portogallo e Spagna. In sostanza, il prezzo del gas sul mercato elettrico verrebbe “amministrato” dallo Stato.
Da notare che sarebbe poi il sistema elettrico nazionale in ogni paese a farsi carico di pagare la differenza fra il prezzo di mercato del gas e quello imposto con questo paritcolare “price cap”.
In sostanza, questo sistema, al contrario del “price cap” generalizzato, comporta un intervento pubblico che peserebbe sui bilanci degli Stati membri, e corrisponde esattamente alle misure che ha preso proprio ieri il governo tedesco, finanziate con ben 200 miliardi di euro.
La Commissione, in altre parole, propone di seguire la strada tedesca a livello europeo, non considerando che in questo modo sono favoriti gli Stati che hanno più margine di bilancio rispetto a quelli più indebitati. Una prospettiva che invece di unire, potrebbe dividere l’Ue, e aumentare le divergenze fra le economie del mercato unico.
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