L’ex presidente del Consiglio era ospite nel primo forum in streaming “Voci sul futuro”, realizzato da Ansa con l’Asvis in occasione del Festival dello sviluppo sostenibile
«Il problema dell’Italia è serio perchè continuiamo ad avere un giudizio internazionale che è molto peggiore di quella che sia la realtà vera e il giudizio internazionale è molto importante perchè guida gli investimenti». Lo afferma Romano Prodi nel primo forum in streaming “Voci sul futuro”, realizzato da Ansa con l’Asvis in occasione del Festival dello sviluppo sostenibile dove osserva che “la prima deglobalizzazione in corso mi preoccupa un po’”.
«La nostra strategia – sostiene Prodi – deve essere quella di entrare con più vigore nei settori che rientrano nel reshoring con investitori nuovi. E devo esprimere la mia preoccupazione subito perché vedo che l’auto elettrica della Tesla e l’Intel si dirigono verso la Germania. Attenzione, noi non possiamo più prendere le imprese a basso costo e se perdiamo la capacità di prendere le imprese a costi elevati, abbiamo dei problemi».
«Perché le imprese vanno a Dresda o Berlino, dove la produttività non è superiore a Torino o Ivrea, i costi del lavoro sono il doppio? – domanda Prodi -. C’è qualcosa come Italia che dobbiamo correggere perché se questa ristrutturazione avviene e noi non partecipiamo nel settore medio-medio alto che è il nostro, i problemi italiani possono aumentare. Questo tocca il discorso delle riforme, della giustizia, del funzionamento della p.a.», spiega.
«Il nostro problema è di produttività di sistema e per la eccessiva prevalenza di piccolissime imprese, ma da quando andiamo dalla media in su la singola impresa è molto più produttiva, per esempio, di quella francese. Ma il sistema che le sta intorno la rende improduttiva», continua Prodi.
Inoltre, Romano Prodi indica la frenata della globalizzazione tra le prime cause dell’aumento dell’inflazione nel mondo. «Buona parte dell’inflazione che è scoppiata negli ultimi tempi è perché non arriva più roba a prezzi bassissimi dalla Cina, o arriva a prezzi un po’ più alti o ne arriva meno – sottolinea l’economist -. C’è chi gioisce perché andiamo nella via di una maggiore autonomia, ma dobbiamo anche capire che ne paghiamo parte del prezzo».