
Montecitorio ha già approvato una delibera, che nei prossimi giorni dovrebbe essere recepita anche dal Senato, che consentirà ai “portaborse” di essere contrattualizzati e pagati dall’istituzione anziché dai singoli parlamentari
Con il cambio di legislatura arrivano anche novità per i cosiddetti “portaborse”, gli assistenti parlamentari sulle cui condizioni di precariato e sfruttamento si è già discusso molto in passato. La scorsa settimana l’ufficio della Presidenza della Camera ha infatti approvato una delibera che stabilisce che i collaboratori dei deputati saranno contrattualizzati e pagati da Montecitorio anziché dai singoli parlamentari.
Un provvedimento che punta ad adeguare i compensi per gli assistenti oltre che a tutelarli da incarichi non ufficiali attinenti alla sfera squisitamente privata dei deputati, dal ritiro degli abiti in tintoria alla spesa.
A partire dal prossimo 13 ottobre, quando si terrà la seduta inaugurale delle Camere, i deputati segnaleranno i loro assistenti che saranno poi pagati dall’istituzione con una somma pari al 50, 75 o 100% della somma lorda, sul modello già adottato nel Parlamento europeo.
Fino ad oggi il pagamento degli assistenti parlamentari veniva attinto dai 3.690 euro mensilmente a disposizione degli onorevoli per le spese di “esercizio del mandato”. Per arrivare ad ottenere metà di questa somma e dunque uno stipendio intero era comunque necessario mostrare le ricevute.
La delibera, già approvata a Montecitorio, arriverà anche a Palazzo Madama come annunciato dalla presidente del Senato Elisabetta Casellati che ha appositamente convocato un consiglio di Presidenza alle 15 di lunedì 10 ottobre.
Plauso all’iniziativa, che contribuirà all’avvicinamento del “trattamento giuridico ed economico dei collaboratori parlamentari italiani a quello del Parlamento Ue e dei principali Paesi europei“, è già arrivato dal comitato Apa – assistenti parlamentari accreditati.
Queste delibere assicureranno agli assistenti anche “una serie di diritti fondamentali dei lavoratori, tra cui anche la tutela della maternità, in un settore ad oggi privo di ogni genere di tutele e di regolamentazione” come spiega Apa, pur “consapevoli del fatto che non recepisce interamente il modello del Parlamento europeo, come Aicp chiedeva, e che ci sono diversi aspetti che necessitano di miglioramenti” come ha precisato il presidente dell’Associazione italiana dei collaboratori parlamentari Josè De Falco.