Lo rileva l’Istat in un Report sull’economia sommersa, spiegando che nell’anno della pandemia i consumi finali di beni e servizi illegali sono risultati in calo di quasi due miliardi e mezzo
Nel 2020, le attività illegali considerate nel sistema dei conti nazionali hanno generato un valore aggiunto pari a 17,4 miliardi di euro, pari all’1,2% del Pil con una contrazione del 10,5% del valore aggiunto, pari a 2,0 miliardi di euro, in controtendenza rispetto al 2018 e 2019.
Lo rileva l‘Istat in un Report sull’economia sommersa spiegando che nell’anno della pandemia i consumi finali di beni e servizi illegali sono risultati pari a 19,6 miliardi di euro (corrispondenti al 2,0% del valore complessivo della spesa per consumi finali), in deciso calo di 2,4 miliardi rispetto al 2019.
La contrazione dell’economia illegale è determinata per una parte rilevante dal traffico di stupefacenti, il cui valore aggiunto scende a 13,3 miliardi di euro nel 2020 (-1,6 miliardi rispetto al 2019), mentre la spesa per consumi si attesta a 14,8 miliardi di euro (-1,8 miliardi rispetto all’anno precedente).
Nel quadriennio precedente, al contrario, per il traffico di stupefacenti si era registrato un incremento medio annuo del 2,1% per il valore aggiunto e del 2,6% per i consumi, riconducibile soprattutto alla dinamica dei prezzi.
Nello stesso periodo anche la decrescita dei servizi di prostituzione è stata rilevante. Nel 2020 il valore aggiunto e i consumi finali sono diminuiti rispettivamente del 15,3% e del 16,3% (attestandosi a 3,5 e 4,0 miliardi di euro).
Considerando l’insieme delle attività illegale, il contrabbando di sigarette nel 2020 rappresenta una quota del 3,7% del valore aggiunto (0,6 miliardi di euro) e del 4,3% dei consumi delle famiglie (0,8 miliardi di euro).