
L’aumento della benzina infiamma il Paese dei Lumi, l’opposizione di Mélenchon guida il malcontento
In Francia, la benzina che non c’è è il combustibile della rabbia dei cittadini, alle prese con una serie di misure d’austerità messe in campo dal governo Macron per far fronte alla crisi economica ed energetica causata dal conflitto in Russia. Il rischio di disordini è concreto, con il movimento del capofila dell’opposizione di sinistra, Jean-Luc Mélenchon, che ha indetto per domenica una marcia contro il carovita cui hanno aderito tutti gli alleati del blocco di sinistra. I numeri fanno pensare a una partecipazione tutt’altro che esigua: più di 3,5 milioni di volantini sono stati distribuiti, 450 mila locandine sono state affisse e autobus collegheranno 81 città a Parigi, per accompagnare i manifestanti nella capitale.
Il leader degli Insoumis ha paragonato la mobilitazione alla Rivoluzione francese, un accostamento non particolarmente gradito dai suoi alleati ma che potrebbe non essere azzardato: tra i mille motivi del mal contento c’è anche la minaccia del ricorso all’articolo 49.3 da parte del governo per far approvare la legge di bilancio in Parlamento. Una forzatura che potrebbe mettere ancora più all’angolo Emmanuel Macron.
In realtà la marcia della sinistra francese potrebbe essere solo il preludio di quello che si preannuncia come un autunno caldo per il governo di Elisabeth Borne. Quattro sigle sindacali di peso – Cgt, Fo, Solidaires e Fsu – hanno infatti indetto una giornata di sciopero interprofessionale per il 18 ottobre per rivendicare, come scrivono in un comunicato congiunto “un aumento salariale e la difesa del diritto di scioperare”. E il rischio “contagio” del movimento sociale ad altri “rami interprofessionali”, come quelli dei portuali o degli agenti portuali (ma anche di dei ferrovieri o anche degli agenti delle centrali nucleari e del settore automobilistico) riecheggia le proteste di qualche anno fa, quando la Francia fu scossa dal movimento dei Gilet Jaunes.