
Siamo terz’ultimi in Europa per compensi dei sanitari, peggio di noi solo Lisbona e Atena
«Siamo il terzultimo Paese in Europa sul fronte delle remunerazioni dei medici, davanti solo a Portogallo e Grecia. La Spagna, quartultimo Paese della classifica, offre ai propri professionisti ben 35.000 euro lordi in più all’anno. E’ necessario che l’Italia si adegui agli stipendi del resto d’Europa». Lo detto Antonio Magi, presidente dell’Ordine dei medici di Roma, nel corso del congresso ‘La sanità europea del futuro’, a Bruxelles.
Le tasche dei dottori italiani sono tremendamente leggere in confronto ai colleghi europei, anche per una questione di formazione: un medico italiano in media inizia a lavorare a 30 anni, dopo 11 anni di formazione. «Nel nostro Paese, oltre a remunerazioni basse, gli vengono offerti contratti a tempo determinato, ossia precariato – lamenta Magi-. Andando avanti così la fuga verso gli altri Paesi è inevitabile e andrà ad aumentare la carenza, già grande, di specialisti. E’ necessario dunque intervenire per dare serenità ai nostri giovani e farli restare nel nostro Paese». Una carenza che si sente soprattutto al Sud, ad esempio in Calabria ha dovuto chiedere aiuto ai medici cubani per sopperire alla mancanza di sanitari. I ragazzi e le ragazze italiane, dopo medicina, spesso scelgono la ‘valigia di cartone’ e un biglietto aereo per paesi dove sperano di ottenere un migliore riconoscimento e una busta paga più sostanziosa.
Chi invece non vuole o non può partire passa al privato, per non diventare come il protagonista di quella canzone di De André, ispirata all’Antologia di Spoon River di Lee Masters, dove un professionista che voleva “guarire i ciliegi” si trova solo clienti “con la diagnosi in faccia e per tutti era uguale/Ammalato di fame, incapace a pagare”. “La realtà delle cose è oggi rappresentata dal ridimensionamento dell’intervento pubblico, con la china avviata verso una privatizzazione fuori controllo, dalla carenza strutturale di medici specialisti, dal peggioramento delle condizioni di lavoro con le fughe conseguenti, dal trionfo della burocrazia e della ‘medicina di carta’, dalla degenerazione del ricorso alle ‘cooperative’ come strumento ordinario di reclutamento dei medici”, sottolinea il sindacato medico Anaao Assomed.
Gli spazi per salvare la situazione, ma come specifica Assomed occorre migliorare “le condizioni del lavoro ospedaliero per arrestare la grande fuga in atto ed eliminare il ricorso alle esternalizzazioni, causa di dumping salariale e di peggioramento della qualità e della sicurezza delle prestazioni. Senza dimenticare l’urgenza di aumentare le retribuzioni fino alla media europea, detassare gli incrementi contrattuali e prevedere una fiscalità di vantaggio per le prestazioni volte a ridurre i tempi di attesa, come si fa per il salario accessorio della sanità privata e per gli insegnanti all’interno del Pubblico impiego. Non ultima, l’attenzione ai giovani con l’introduzione del contratto di lavoro a scopo formativo per gli specializzandi (che sono medici e non studenti)”.