
Mobilitazione globale di oltre 260 associazioni, fino ad oggi si può partecipare
Multinazionali della fast fashion di nuovo sotto i riflettori. Questa volta tocca ad Adidas, oggetto di una campagna internazionale di boicottaggio e mail bombing che coinvolge centinaia di città in tutto il mondo.
«Nonostante 2,3 miliardi di dollari di utili solo nel 2021 – si legge sul sito di AltraEconomia, tra gli aderenti alla mobilitazione- il marchio si rifiuta di pagare addetti rimasti senza stipendio o licenziati in diversi Paesi a causa della pandemia. Mentre chi si opponeva a questa situazione è stato allontanato». Il riferimento è a quanto è successo in alcune aziende fornitrici della nota marca in Cambogia. La società infatti si rifiuta di pagare alle operaie di otto stabilimenti produttivi nel Sud-Est Asiatico 11,7 milioni di dollari di salari , arretrati dei primi mesi della pandemia; una cifra tra l’altro ridicola, considerando che è pari a 387 dollari per ciascuna. Ma non solo. La multinazionale è accusata di non monitorare colpevolmente i propri fornitori e di non impegnarsi, come prevedono le norme internazionali, per il rispetto delle tutele sindacali. «Sempre al diffondersi del Covid-19 un altro fornitore cambogiano (Hulu Garment) avrebbe truffato 1.020 dipendenti per indurli a dimettersi ed evitare così di pagare loro la liquidazione» si legge in una lettera aperta della campagna AbitiPuliti.org, promotrice dell’azione di protesta. In questo caso Adidas dovrebbe versare circa 3,6 milioni di dollari.
Non è finita qui. Al mancato pagamento di stipendi e liquidazioni i lavoratori e le lavoratrici hanno tentato di protestare, trovandosi di fronte un muro di repressione -anche armata- e minacce. Nel maggio di quest’anno 5.600 dipendenti di un altro fornitore di Adidas in Cambogia (Can Sports Shoe) hanno interrotto il lavoro per protestare contro il mancato versamento dei salari. Per tutta risposta i titolari dell’azienda locale hanno fatto arrestare i leader sindacali. «Adidas è responsabile di ciò che accade nelle fabbriche che costituiscono il suo impero globale e deve assumersi tali responsabilità in ogni Paese in cui produce i suoi capi -denuncia Pay your workers-. Ciò nonostante, non lo ha ancora fatto».
Fino a oggi 30 ottobre 2022 la campagna, attraverso un massiccio mail bombing, chiede ad Adidas di rispettare i diritti dei lavoratori lungo tutta la sua catena di fornitura, garantendo il pagamento di uno stipendio adeguato e garanzie in caso di licenziamento. “Adidas ruba i salari delle lavoratrici” il titolo dell’iniziativa. La campagna inoltre chiede all’azienda di contribuire a un fondo di garanzia per proteggere gli operai della filiera tessile in caso di fallimento della fabbrica o di licenziamenti di massa e di tutelare il loro diritto a organizzarsi in sindacati e a contrattare collettivamente. La protesta coinvolge e unisce 260 sindacati e organizzazioni di società civile.