Un’indagine condotta da Glikon spiega che per 7 su 10 è importante la flessibilità. Stessa percentuale per chi lo vuole “nuovo”
Glickon, società italiana leader nel mercato software dell’HR tech per medie e grandi aziende, stima che nell’arco della vita trascorriamo ben 27 anni dormendo, 15 mesi a cercare oggetti perduti e all’incirca 90mila ore lavorando.
Che l’impatto del lavoro sulle nostre vite sia davvero notevole su questo non c’è più alcun dubbio. In ballo non ci sono solo fenomeni culturali, sociali ed economici come l’ampiamente discussa ”Great Resignation” e il “Quiet Quitting”, bensì una vera e propria ”crisi energetica” dell’essere umano, spiega la ricerca.
Una crisi che spesso nasce da un problema a monte: attrarre e trattenere correttamente il talento che è in ognuno noi. E, di conseguenza, ciò che ne deriva: il riconoscimento del proprio talento nel proprio posto di lavoro o la ricerca di un lavoro sostenibile in termini di tempo. Un lavoro con cui sentirsi gratificati economicamente e umanamente. Se tutti questi fattori vengono meno, ci si disumanizza e si perdono le energie, osserva lo studio Glickon.
Il grande tema è, quindi, comprendere come si sta evolvendo la risposta e la domanda nel mercato del lavoro e intervenire per riportare al centro il valore dell’essere umano preservandone le energie.
Secondo i dati raccolti da Glickon nel suo ultimo Osservatorio condotto su un campione di oltre 9.000 candidati, uno dei bisogni principali che emerge è la necessità di sentirsi stimolati nella crescita professionale che non riguarda solo un ambito di competenze, ma anche di motivazione e relazione: ed è questa la formula dell’oro, del talento.
Il 72% delle persone che cerca lavoro desidera infatti provare esperienze professionali in settori mai toccati prima e il 67% della popolazione attiva italiana vuole allargare i confini delle proprie conoscenze e apprendere competenze nuove e trasversali. Conditio sine qua non, per 7 lavoratori su 10 è invece trovare un lavoro che dia maggiore flessibilità.