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Economia

Strage di api, è panico in agricoltura

Caterina Maggi
13 Novembre 2022
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La moria di impollinatrici mette in allarme diversi settori. Colpa dei pesticidi killer e dell’inquinamento Nel 1962, Rachel Carson, biologa americana rivoluzionaria, pubblico “Primavera Silenziosa” in cui denunciava le industrie […]

La moria di impollinatrici mette in allarme diversi settori. Colpa dei pesticidi killer e dell’inquinamento

Nel 1962, Rachel Carson, biologa americana rivoluzionaria, pubblico “Primavera Silenziosa” in cui denunciava le industrie del DDT e metteva in allarme contro la perdita di biodiversità, un danno non solo per la salute dell’ecosistema, ma anche per quella umana e per l’economia. In Italia, a 60 anni di distanza, sembra che le sue parole siano rimaste lettera morta. È allarme infatti del Consorzio Nazionale Apicoltori Conapi sulla mortalità delle arnie e delle api, che in collaborazione con Claudio Porrini del Dipartimento di Scienze e tecnologie agroalimentari dell’Alma Mater di Bologna ha stilato il report annuale. Dai dati raccolti dall’Università e con le associazioni che monitorano la situazione nei bacini agricoli di 6 città italiane (Bologna, Torino, Milano, Bari, Faenza e Roma) emerge un quadro straziante: «Dopo le positive performance del 2020, probabilmente riconducibili alla limitazione dell’attività antropica per strategie di contenimento Covid, e un buon andamento nel 2021, il 2022 mostra la presenza di glifosate in 4 città e appare l’anno più critico a livello di metalli pesanti».

Le api non sono solo produttrici di miele; sono infatti : «bioindicatori dello stato di salute dell’ambiente e sensibilizzare i cittadini su come la gestione oculata e intelligente di spazi verdi, pubblici e privati, possa contribuire a favorirlo». Al Conapi ricordano che: «l’analisi, avviata nel 2017, mira ad individuare la presenza di residui di pesticidi, compreso glifosate, e metalli pesanti, attraverso un conteggio settimanale delle api morte nelle underbasket poste davanti agli alveari delle stazioni di controllo, a cui si aggiungono indagini di laboratorio su prelievi, estivi e autunnali, di api bottinatrici e miele giovane (non maturo per cui non destinato all’alimentazione). Considerando il limitato numero di postazioni (solo una in ogni città) e di prelievi compiuti (solo due per ogni anno), i risultati conseguiti non possono essere considerati esaustivi ma evidenziano le potenzialità di questo metodo di monitoraggio ambientale». C’è da dire anche che negli ultimi sei anni la mortalità delle api non ha mai superato la soglia critica se non in 4 occasioni: a Bologna nel 2018, a Bari e Milano nel 2019 e Faenza nel 2022.

Ma cosa potrebbe succedere se la popolazione di api continuasse a diminuire? I primi ad accorgersene sarebbero proprio gli agricoltori, che come documentato in alcuni casi montani, a causa delle irrorazioni di glifosato ad esempio in viticoltura, sono tra i responsabili della moria di api nelle campagne. Se mancano infatti specie impollinatrici i danni per la produzione potrebbe essere catastrofici, considerando che dall’altra parte gli agricoltori devono combattere con specie aliene invasive che rovinano i raccolti: nella sola Emilia Romagna, ad esempio, la cimice asiatica ha causa soltanto quest’anno danni per oltre il 30% della produzione con perdite di milioni di euro in Lombardia, Emilia e Veneto. Si tratta spesso di specie che già sono resistenti o diventano resistenti per selezione ai pesticidi; percorrendo invece la via dell’antagonista biologico (ad esempio importando le vespe samurai) il rischio è di creare uno shock all’ecosistema, inserendo specie non autoctone che rischiano di fare più danno del problema. A soffrirne anche gli apicoltori. Quest’anno secondo la Coldiretti la produzione di miele è calata di nuovo drammaticamente. Nella lista stilata dalla Confederazione si registrano crolli che vanno dal -15% della Calabria al -60% delle Marche, dal -50% di Lazio, Sardegna, Umbria, Abruzzo e Valle d’Aosta al -80% della Basilicata, crolli del 40% in Toscana, Sicilia e Molise e del 35% in Emilia Romagna e Puglia, mentre Veneto e Piemonte hanno perso il 30% della produzione, in Lombardia e Friuli è stato tagliato un quarto (25%) del raccolto, un calo del 20% si registra in Trentino Alto Adige, mentre Calabria e Campania limitano i danni con una perdita del 15%.

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Business24™ - testata giornalistica del Gruppo Editoriale World Vision s.r.l.
Dir. resp.le: Maria Lucia Panucci

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