
Rincaro salatissimo sull’energia, schizzano in alto carbone e gas, l’industria in tensione
Anche se negli ultimi mesi i prezzi delle materie prime stanno scendendo, dopo un’iniziale decollo a causa anche delle speculazioni, l’importazione di questi prodotti potrebbe costare quest’anno al sistema Paese almeno 80 miliardi di euro in più rispetto al periodo pre Covid. A dirlo è l’Ufficio studi della Cgia di Mestre (Venezia). Secondo il rapporto infatti i prezzi dei metalli e dei minerali in questi ultimi tre anni sono rincarati mediamente del 25,7%; ma è su quelli energetici che si registra la vera stangata.
I costi dell’energia per le aziende e l’industria infatti sono raddoppiati (+101,3%). Certo, tra gli energetici l’aumento del prezzo del carbone è stato del 463,3% e quello del gas naturale addirittura del 671,6%; risorse che sarebbe quindi meglio accantonare per passare alle rinnovabili. Più contenuti, invece, i rincari registrati dal ferro (+4,6%), dallo stagno (+16,8%), dallo zinco (+21%), dal nickel (+29,35), dall’alluminio (+30,7%), dal rame (+32,9%) e dal petrolio (+57,7%). Unico che subisce una diminuzione del prezzo, il piombo: sempre rispetto al 2019, il suo prezzo ha subito una flessione dell’8,4%. L’incremento dei prezzi delle materie prime ha provocato il conseguente aumento dell’inflazione che nel nostro Paese ormai viaggia su doppia cifra, e colpisce soprattutto i contribuenti a reddito fisso. “Se buona parte dei consumatori non acquista – sottolinea in una nota l’Ufficio studi – è del tutto superfluo anche produrre. Pertanto, per uscire da questo circolo vizioso non c’è che una strada da percorrere: quella della riduzione del cuneo che consenta alle busta paga di diventare più ‘pesanti'”.