
Potrebbe saltare la soglia di 60 euro, slitta la discussione in aula
Potrebbe saltare la norma che introduce nella Manovra la soglia di 60 euro per i pagamenti elettronici. Lo hanno riferito fonti della maggioranza, che dicono che il tetto potrebbe essere annullato o abbassato a 30 euro. Nel mentre però potrebbe fuggire in avanti il termine per la discussione in aula: la votazione del testo in Commissione è attesa domani in tarda serata, per approdare in aula – a quanto riportano fonti parlamentari – nella giornata di mercoledì. In quella sede, con ogni probabilità, verrà posta la fiducia, che comporterebbe l’inizio delle votazioni giovedì e il via libera finale nella notte di venerdì 23 dicembre.
Nelle prossime ore è atteso in Commissione Bilancio alla Camera un nuovo pacchetto di emendamenti del governo. In queste ore di attesa la premier Giorgia Meloni torna difendere il testo elaborato dal governo in concerto con il ministero di Giorgetti: «La Manovra non ha mai una approvazione facile, abbiamo fatto del nostro meglio per dare al Parlamento la possibilità di avere i tempi di valutarla – e avvisa-. Noi siamo stati molto disponibili anche a valutare nel merito le singole proposte che arrivavano. E se ne arrivano di buone nessun problema ad approfondirle. Se invece l’approccio è pregiudiziale, il governo deve fare il governo e l’opposizione l’opposizione». Sul Pos però precisa: «Quello è un obiettivo del Pnrr e quindi lo stiamo trattando con la Commissione. Se non ci sono i margini, ci inventeremo un altro modo per non far pagare agli esercenti le commissioni bancarie sui piccoli pagamenti». Ben altro tipo di verve insomma rispetto a quella dei primi giorni di governo, quando il tetto sul pagamento digitale era dato per certo.
Alla commissione bilancio, in serata, si è scatenata la bagarre che ha imposto la sospensione dei lavori. Il tutto è nato dal mancato arrivo del terzo pacchetto di emendamenti. Durante la discussione appunto sugli emendamenti alla Legge di Bilancio le opposizioni (PD, Terzo Polo, Alleanza Verdi-Sinistra) hanno lasciato l’aula. Rimane in aula solo il M5S che ha deciso di aspettare il ministro Giorgetti. Secondo la sottosegretaria al Mef Lucia Albano infatti “al Mef comunicano che Giorgetti sta arrivando e contemporaneamente saranno depositati gli emendamenti“.
Nelle ultime settimane l’esecutivo ha avuto un’interlocuzione con l’Ue e la Commissione ha indicato la misura non in linea con le raccomandazioni specifiche per l’Italia sulla lotta all’evasione fiscale. Alle 19:30 è atteso il terzo pacchetto di emendamenti del governo, poi alle 21.30 ci sarà l’audizione del ministro Giorgetti, come ha annunciato la capogruppo del Pd alla Camera, Debora Serracchiani, a margine dei lavori dell’ufficio di presidenza della commissione Bilancio. Sempre Serracchiani ha spiegato che: «è in corso un dialogo fra maggioranza e opposizione su alcuni temi, come Opzione donna: in caso di accordo la soluzione potrebbe finire in un emendamento dei relatori sottoscritto da tutti, o quasi tutti, i gruppi. Il governo, dopo la forte richiesta del Pd e altri partiti, è tornato sui suoi passi sull’emendamento sugli enti locali e il Sud – ha annunciato – toglierà dal pacchetto di emendamenti presentati ieri quelli su Investimenti Sud, sulle Zes e sulla modifica della quota premiale del servizio sanitario nazionale, che erano uguali a emendamenti del Pd e altri. Sono testi che diventeranno emendamenti parlamentari».
Passa subito all’attacco l’ex premier e leader del movimento M5S: «Non solo la guerra ai più fragili e al ceto medio. Con questa Legge di bilancio il Governo fa cassa sottraendo risorse praticamente a tutti, tranne a chi è già privilegiato». Il capo dei pentastellati rincara la dose: «Pensiamo alle imprese. Contro il caro bollette, per esempio, si poteva intervenire con i crediti d’imposta per le spese dell’acquisto di energia e con l’azzeramento degli oneri di sistema in bolletta. Sul primo punto – polemizza – adottando il meccanismo vincente già introdotto dal M5S per il Superbonus, l’attuale manovra prevede la cedibilità dei crediti fiscali ma si guarda bene dal risolvere l’annosa questione del blocco dei crediti stessi. Ma se non si permette di farli circolare, che senso ha prevedere crediti d’imposta cedibili? È solo una presa in giro –conclude – in barba ad oltre 40mila piccole aziende sull’orlo del fallimento».