Il presidente della Repubblica fa il punto dell’anno appena trascorso e rivolge un augurio per il 2023 alla nazione
Un rapido accenno (un poco ironico) al fatto che l’anno scorso credeva che il suo discorso di capodanno fosse anche quello dell’ultimo mandato. Poi il passaggio alle considerazioni su quest’anno che se ne va. Il consueto discorso del presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione della fine del 2022 si è svolto senza particolari sorprese, salvo ovviamente l’imprevisto della morte di Benedetto XVI, deceduto ieri mattina e citato dal capo dello Stato.
Il 2022, sostiene Mattarella, è stato un anno di intense sfide e di grandi novità; prima tra tutte l’elezione di una donna alla presidenza del consiglio: «lo scioglimento anticipato delle Camere e le elezioni politiche, tenutesi, per la prima volta, in autunno. Il chiaro risultato elettorale ha consentito la veloce nascita del nuovo governo, guidato, per la prima volta, da una donna. E’ questa una novità di grande significato sociale e culturale, che era da tempo matura nel nostro Paese, oggi divenuta realtà».
«Il 2022 è stato l’anno della folle guerra scatenata dalla Federazione russa – ricorda poi parlando delle sfide dell’anno appena trascorso – La risposta dell’Italia, dell’Europa e dell’Occidente è stata un pieno sostegno al Paese aggredito e al popolo ucraino, il quale con coraggio sta difendendo la propria libertà e i propri diritti. Se questo è stato l’anno della guerra, dobbiamo concentrare gli sforzi affinché il 2023 sia l’anno della fine delle ostilità, del silenzio delle armi, del fermarsi di questa disumana scia di sangue, di morti, di sofferenze». Dalla pace da trovare, agli uomini di pace: Mattarella ha ricordato l’impegno di Papa Francesco e i suoi costatnti appelli per la pace rinnovandogli le sue condoglianze per la morte di Benedetto XVI: «alla pace esorta costantemente Papa Francesco, cui rivolgo, con grande affetto, un saluto riconoscente, esprimendogli il sentito cordoglio dell’Italia per la morte del Papa emerito Benedetto XVI».
Per Sergio Mattarella i giovani sono i veri tedofori della fiamma della pace: «qualcosa che è radicato nel cuore delle donne e degli uomini. Ancor più forte nelle nuove generazioni. Lo testimoniano le giovani dell’Iran, con il loro coraggio. Le donne afghane che lottano per la loro libertà. Quei ragazzi russi, che sfidano la repressione per dire il loro no alla guerra – eppure sono proprio i giovani a soffrire le disuguaglianze di un mondo che non hanno plasmato e di cui sono costretti a combattere le iniquità, spesso con le altre generazioni passate a remare in senso contrario – la povertà minorile, dall’inizio della crisi globale del 2008 a oggi, è quadruplicata. Le differenze legate a fattori sociali, economici, organizzativi, sanitari tra i diversi territori del nostro Paese – tra Nord e Meridione, per le isole minori, per le zone interne – creano ingiustizie, feriscono il diritto all’uguaglianza. La Repubblica – ammonisce – è nel senso civico di chi paga le imposte perché questo serve a far funzionare l’Italia e quindi al bene comune».
Infine ricorda il coraggio, ma anche l’enorme lavoro e le conseguenti pressioni sul servizio sanitario nazionale durante la pandemia: «occorre operare affinché quel presidio insostituibile di unità del Paese rappresentato dal Servizio sanitario nazionale si rafforzi, ponendo sempre più al centro la persona e i suoi bisogni concreti, nel territorio in cui vive».
Il suo discorso si conclude con un richiamo e un omaggio al testo fondativo: «ci guida ancora laddove prescrive che la Repubblica deve rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che ledono i diritti delle persone, la loro piena realizzazione. Senza distinzioni. La Repubblica siamo tutti noi. Insieme. La Repubblica è nella fatica di chi lavora e nell’ansia di chi cerca il lavoro. Dobbiamo stare dentro il nostro tempo, non in quello passato, con intelligenza e passione. Per farlo dobbiamo cambiare lo sguardo con cui interpretiamo la realtà. Dobbiamo imparare a leggere il presente con gli occhi di domani».