
Nonostante le indicazioni contrarie di grandi ceo, da Musk a Solomon, i lavoratori continuano a preferire la forma ibrida di lavoro
L’era dello smart working sta per finire? Secondo il New York Times non è questa la direzione intrapresa nel mondo del lavoro nonostante alcuni grandi gruppi stiano procedendo verso il rientro in ufficio dei dipendenti, a partire da Twitter e Goldman Sachs.
Lo confermano anche i dati del report Us Survey of Working Arrangements and Attitudes elaborati dal gruppo di ricerca formato da Stanford University, Università di Chicago e Instituto Tecnológico Autónomo de México, secondo cui nel nel 2019 “circa il 5% delle giornate lavorative interamente retribuite negli Stati Uniti sono state svolte da remoto”. Nel maggio 2020 questa percentuale è balzata oltre la soglia del 60%, complice la pandemia, ma anche nel 2021 il numero delle ore svolte da remoto risulta maggiore rispetto all’epoca pre-covid, attestandosi al 30%.
Secondo il sondaggio, la vera tendenza non sarebbe dunque quella dell’abbandono dello smart working, ma quella di un radicamento del lavoro ibrido, “con i dipendenti che trascorrono alcuni giorni in ufficio e altri in cui lavorano a distanza“.
«Siamo tutti tornati alle tendenze prepandemiche nello shopping online, ma in maniera stabile al lavoro online» ha spiegato il docente di Economia di Stanford Nick Bloom, co- autore di un monitoraggio mensile sullo smart working.
Sembra dunque che le esigenze dei lavoratori e le richieste delle aziende stiano convergendo verso un punto d’incontro; stando al sondaggio infatti, a dicembre i lavoratori hanno affermato di preferire lo smart woring per una media di 2,8 giorni a settimana, a fronte di una richiesta dei datori di lavoro di 2,3 giorni settimanali di lavoro da remoto.
Lo studio conferma le ormai consolidate motivazioni dietro la preferenza del modello ibrido, che secondo i lavoratori consente di “evitare il tempo e i costi del pendolarismo” e di concentrarsi meglio “senza chiacchiere in ufficio“. Non solo: le persone in cerca di lavoro, come è emerso da un sondaggio della società di consulenza McKinsey nel 2022, preferiscono un modello flessibile poiché ritenuto in grado di offrire “maggiori retribuzioni e migliori orari” oltre a “migliori opportunità di carriera“.
A tal punto, come ci informa un sondaggio condotto da ZipRecruiter, da accettare una “riduzione dello stipendio del 14% pur di poter lavorare da remoto“.