
Gli economisti ritengono che il debito sarà al 5% e non al 4,5 come previsto. Questo comporterà una stretta nella politica fiscale
S&P si attende che il deficit fiscale dell’Italia sia pari al 5,1% nel 2023 (contro il 4,5% previsto dal governo) e che la politica fiscale sia restrittiva a causa dell’alto livello del debito, atteso al 147% del pil 2023 e in previsione della riattivazione delle clausole del Patto di Stabilità e Crescita nel 2024.
Lo scrivono gli esperti di S&P in un aggiornamento sull’outlook delle emittenti sovrane nel 2023. L’agenzia giustifica la sua previsione di un deficit al 5,1% con l’attesa che l’economia italiana si contrarrà dello 0,1% nel 2023 e ipotizzando che il governo estenderà a tutto il 2023 alcune delle misure di sostegno contro il carobollette varate nel 2022.
L’economia italiana è stata inaspettatamente resiliente durante il 2022 e l’inizio del 2023 (inclusa una tenuta sorprendente nella spesa per investimenti privati) si legge nel rapporto. Inoltre i prezzi di elettricità e riscaldamento dovrebbero diminuire del 20%-30% all’inizio di febbraio, allentando la pressione sui bilanci delle famiglie.
Gli investimenti sono stati e rimarranno il principale punto luminoso dell’economia italiana sia per gli investimenti privati nell’edilizia che per quelli in infrastrutture come parte del Ngeu anche se nel medio termine l’aumento dei tassi eserciterà un effetto di calmieramento sugli investimenti del settore privato.
Anche i prezzi dell’energia più bassi (almeno temporaneamente) potrebbero allentare la pressione sul governo affinché mantenga in vigore gli sgravi fiscali e le sovvenzioni sui consumi energetici, provvedendo uno spazio fiscale inaspettato.
Più avanti nel corso dell’anno, prosegue il rapporto, ci saranno ancora dubbi sul fatto che il governo proceda ad attuare le riforme previste dal suo piano nazionale di ripresa e resilienza, compreso i capitoli su concorrenza, giustizia e appalti pubblici.
“Un rischio è che il governo attui solo in modo selettivo gli obiettivi rimanenti, rendendo più difficile il pieno esborso dei fondi e impattando la performance economica” scrivono gli economisti.
“Riteniamo, tuttavia, che il governo abbia spazio limitato per rinegoziare il piano preparato dal governo guidato da Draghi – concludono -, e ha dato segnali di un approccio più consensuale al suo rapporto con la Ue”.