“E’ possibile ripensare gli orari aziendali. Apriamo il dibattito”
Anche in Italia bisogna sperimentare la settimana corta lavorativa di quattro giorni. Lo sostiene Roberto Benaglia, segretario generale dei metalmeccanici della Fim Cisl, commentando la sperimentazione positiva operata nel Regno Unito. «La notizia relativa alla positiva sperimentazione della settimana corta nel Regno Unito in 61 aziende con interessanti risultati sia per le aziende che per i lavoratori deve aprire anche in Italia un confronto tra parti sociali nella stessa direzione. E’ tempo di regolare il lavoro soprattutto nel settore manifatturiero in modo più sostenibile, libero e produttivo», ha spiegato.
Secondo uno studio inglese diffuso nei giorni scorsi, la sperimentazione ha messo in evidenza dipendenti meno esauriti e stressati, meno giorni di malattia e dimissioni, lieve aumento dei ricavi. In particolare dai risultati è emerso anche come circa il 71% dei lavoratori abbia dichiarato livelli inferiori di “burnout” e il 39% ha riferito di essere meno stressato rispetto all’inizio dello studio. Questo si è tradotto in una riduzione del 65% dei giorni di malattia e in un calo del 57% delle dimissioni rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Ma il dato più eloquente è l’elevato livello di consenso delle aziende: circa il 92% (56 su 61) ha affermato di voler continuare con la settimana corta e 18 imprese hanno confermato il cambiamento come permanente.
Tutto questo sprona a fare lo stesso anche in Italia, o almeno a provarci. La Fim Cisl già lo scorso anno nel proprio congresso a Torino incentrato sulla definizione di “lavoro giusto” ha proposto di negoziare, soprattutto a livello aziendale, una forma di lavoro fatta di 4 parti di attività piena e 1/5 di riduzione d’orario. «Non si tratta di ridurre gli orari in modo generico come nel secolo scorso ma di rendere il lavoro maggiormente sostenibile e flessibile verso i bisogni delle persone significa rendere i posti di lavoro più attrattivi, in una epoca dove tanti lavoratori, soprattutto giovani di talento, stanno cambiando posto di lavoro e le competenze si muovono nel mercato del lavoro», conclude Benaglia.