
L’Italia continua ad essere divisa anche sul fronte degli stipendi che, in alcune zone, sono più leggeri
Il miraggio di una busta paga più pesante e di un potere d’acquisto più forte rischiano di restare tali. Il taglio del cuneo fiscale tanto atteso in questo 2023 non avrà lo stesso effetto su tutti i lavoratori.
Da qualche tempo tra i vari nemici dello stipendio si sono presentati anche il rincaro delle bollette ed il generale aumento dei prezzi su tutte le voci di spesa. Un salasso che si chiama inflazione e che a fronte di stipendi che non hanno registrato nessun aumento o quasi, ha portato, tra il 2019 e il 2022, ad un calo di oltre 300 euro.
La stima arriva dalle ultime rilevazioni del Centro Studi Tagliacarne che ha analizzato la situazione in 22 province italiane riscontrando che la differenza, spesso molto marcata, si riferisce a differenze territoriali. In altri termini se in alcune zone d’Italia (come ad esempio Milano e Parma) lo stipendio medio ha tenuto il passo dell’inflazione, in altre, invece, è rimasto notevolmente indietro. A quest’ultimo caso, ad esempio, appartiene la provincia di Rieti.