Le nuove frontiere del Web3 non conoscono la parità di genere: per le donne quasi sempre solo ruoli tecnici o focalizzati sulle risorse umane
Si chiama Web3 ed è il ramo delle nuove tecnologie che si occupano di lavorare alle applicazioni del metaverso, blockchain e criptovalute. Ma hanno un problema: il gender balance.
Infatti facendo due conti le donne non sembrano essere presenti né tra i fondatori e nemmeno tra gli investitori. Anche la presenza femminile a livello lavorativo è riservata solo a rami come il marketing e le risorse umane. A confermarlo è uno studio BCG X, del Boston Consulting Group (BCG), in collaborazione con People of Crypto Lab.
Ma c’è anche altro: analizzando il lato finanziario si scopre che c’è un gap anche sulla raccolta fondi. Infatti le startup composte da soli uomini riescono a raccogliere in media 30 milioni di dollari contro gli 8 dei team formati solo da donne.
Il problema, secondo quanto dichiarato da Paola Scarpa, Managing Director e Partner di BCG è molto più complesso. Infatti si tratta di una visione miope che esclude anche eventuali idee per le consumatrici. “I numeri sono allarmanti. Oltre che una crisi di diversità questa è una crisi economica, perché così si perde l’occasione di supportare e far crescere quei business pensati per le consumatrici e non solo per i consumatori. Con il Web3 non si parla semplicemente di tech, ma si intende la tecnologia applicata a ogni settore e a ogni aspetto della vita” “Non abbracciare e usare la diversità fin dall’inizio, si traduce per molte aziende nella rinuncia a enormi opportunità di business e monetizzazione”.