
Perdono imprese femminili settori tradizionali come l’agricoltura, il commercio, la manifattura o l’ospitalità. In controtendenza invece le attività professionali, quelle immobiliari, i servizi di comunicazione e le attività finanziarie
Nel 2022 si contano 6 mila imprese femminili in meno rispetto al 2021. Lo scorso anno molte meno donne hanno dato vita a una impresa nei settori tradizionali come l’agricoltura, il commercio, la manifattura o l’ospitalità per effetto di un contesto generale ancora complicato dagli effetti della pandemia, dalla guerra e dalla crisi energetica. E’ quanto emerge dall’Osservatorio per l’imprenditorialità femminile di Unioncamere e InfoCamere.
Tuttavia alcuni settori sono in controtendenza: risultano, per esempio, due mila in più le imprese femminili nelle attività professionali, quasi 1.500 in più nelle attività immobiliari, circa mille in più nei servizi di comunicazione e nelle attività finanziarie, 800 in più nel noleggio, agenzie di viaggio e servizi alle imprese.
«La componente più innovativa dell’impresa femminile non solo non si è arresa di fronte alle difficoltà dello scorso anno, ma anzi si è irrobustita – commenta il presidente di Unioncamere, Andrea Prete. – E’ indicativo di un processo che osserviamo da tempo e che mostra che sempre più donne scelgono di mettere a frutto le proprie competenze ed il proprio talento aprendo attività in alcuni settori che ancora sono a prevalente presenza maschile».
A fine 2022 le imprese femminili registrate sono 1.337mila, il 22,21% del totale.
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