La flessione dell’inflazione è frutto dell’attenuazione delle tensioni sui prezzi dei Beni Energetici, sia della componente regolamentata sia di quella non regolamentata. Bolzano in testa tra le città più care
E’ rivista leggermente in ribasso l’inflazione in Italia. A febbraio l’Istat stima che l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, registri un aumento dello 0,2% su base mensile e del 9,1% su base annua, da +10,0% nel mese precedente. La stima preliminare era per un aumento tendenziale del 9,2%.
La leggera flessione è dovuta all’attenuazione delle tensioni sui prezzi dei Beni Energetici, sia della componente regolamentata sia di quella non regolamentata. Tuttavia si mantengono le spinte al rialzo dei prezzi nel comparto dei Beni alimentari, lavorati e non, dei Tabacchi e dei Servizi, quasi tutti in accelerazione tendenziale. In particolare i prezzi dei Beni alimentari, per la cura della casa e della persona (il cosiddetto carrello della spesa) a febbraio registrano un’accelerazione in termini tendenziali (da +12,0% a +12,7%), mentre quelli dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto rimangono pressoché stabili (da +8,9% a +9,0%).
L’inflazione acquisita per il 2023 è pari a +5,4% per l’indice generale e a +3,7% per la componente di fondo.
«Bene, effetto gas sull’inflazione. Il calo dei beni energetici sta contribuendo a raffreddare il rialzo dei prezzi. Una ragione in più, oltre a quella di non dare il colpo di grazia alle famiglie stremate da un anno e mezzo di caro bollette, perché il Governo proroghi anche nel prossimo trimestre tutti gli sconti su luce e gas, altrimenti l’inflazione interromperà il suo cammino in discesa, con effetti devastanti sul potere d’acquisto delle famiglie». A lanciare l’allarme è Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori.
Per una coppia con due figli l’inflazione al 9,1% significa una stangata pari a 2828 euro su base annua, di cui 1015 solo per mangiare e bere, 1063 euro per il solo carrello della spesa. Per una coppia con un figlio la spesa aggiuntiva è pari a 2608 euro, 916 per cibo e bevande, 964 euro per le spese di tutti i giorni. In media per una famiglia il rincaro è di 2199 euro, 744 per prodotti alimentari e bevande analcoliche, 782 euro per i beni alimentari, per la cura della casa e della persona. Il primato spetta sempre alle famiglie numerose con più di tre figli con una mazzata pari a 3181 euro, 1212 solo per nutrirsi.
In testa alla top ten delle città più care d’Italia c’è Bolzano dove l’inflazione pari a +9,3% si traduce nella maggior spesa aggiuntiva, equivalente a 3261 euro per una famiglia di 3 persone, 2472 euro per una famiglia media. Al secondo posto si piazza Milano, dove il rialzo dei prezzi del 9,9% determina un incremento di spesa annuo pari a 3213 per una famiglia di tre componenti. Sul gradino più basso del podio Ravenna che con +10,3%, la quarta maggiore inflazione, ha una spesa supplementare pari a 3137 euro annui per una famiglia di tre persone, in media +2489 euro. Al quarto posto Genova, la città con inflazione più alta d’Italia, +11%, con una stangata pari a 3095 euro per un nucleo di 3 persone, +2398 per una famiglia media. Seguono Trento (+9,3%, +3085 euro), Modena (+9,6%, +2924 euro), al settimo posto Bologna (+9,2%, +2873 euro), poi Perugia (+10,1%, +2827 euro), Brescia (+8,9%, pari a 2819 euro). Chiude la top ten Catania, che perde il primato dell’inflazione più elevata, pur restando medaglia d’argento (+10,9%, +2727 euro). La città più virtuosa è Potenza, con un’inflazione del 6,5% e una spesa aggiuntiva per una famiglia media da 2,3 componenti pari a “solo” 1284 euro, che arriva a 1398 euro per una di 3 persone.
In accelerazione anche i prezzi dei beni alimentari (in media del 12,9% con punte massime del 55% per lo zucchero e del 44% per l’olio di semi. La conferma arriva da Coldiretti che sottolinea l’impatto dei prezzi degli alimentari non lavorati (arrivati a +8,7%) e di quelli lavorati (+15,5%) che risentono, in quest’ultimo caso, di tutti gli aumenti delle materie prime ed energetiche necessarie durante tutta la catena di produzione e distribuzione dei prodotti.
Secondo le parole del presidente della Coldiretti Ettore Prandini, “La pandemia prima e la guerra poi hanno dimostrato che la globalizzazione spinta ha fallito e servono rimedi immediati e un rilancio degli strumenti europei e nazionali che assicurino la sovranità alimentare, riducano la dipendenza dall’estero e garantiscono un giusto prezzo degli alimenti per produttori e consumatori”. necessario “raddoppiare da 5 a 10 miliardi le risorse destinate all’agroalimentare nel Piano nazionale di ripresa e resilienza spostando fondi da altri comparti per evitare di perdere i finanziamenti dell’Europa”.
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