
La situazione è delicata e per molti la Fed si trova tra l’incudine ed il martello
Secondo Mark Zandi, capo economista di Moody’s Analytics i rappresentanti della Federal Reserve, chiamati a decidere sulla politica dei tassi nei prossimi giorni, non dovrebbero inasprire le condizioni attuali sebbene, aggiunge, “sono convinto che, invece, lo faranno”. Il problema, secondo le sue dichiarazioni, è che la battaglia contro l’inflazione non sarà certo persa se mercoledì la Fed deciderà di prendere una pausa. Sicuramente, però, è molto alto il rischio di perdere la battaglia per il salvataggio del sistema bancario regionale con un aumento. “Quindi non capisco la logica per inasprire la politica nel contesto attuale”.
“Le recenti turbolenze viste sul mercato e causate dalle banche regionali richiedono certamente maggiore cautela, ma l’azione decisa da parte dei responsabili politici per attivare misure di protezioni dal rischio sistemico è probabile che limiti le conseguenze”, ha dichiarato l’economista di Bank of America Michael Gapen aggiungendo che “gli eventi rimangono fluidi e altri stress potrebbero materializzarsi tra oggi e mercoledì prossimo, portando la Fed a sospendere il suo ciclo di rialzo dei tassi”.
Attualmente, infatti, ci si trova in un panorama delicato e complesso e non è da escludersi che nuove tensioni possano creare altre serie oscillazioni sui mercati.
La maggioranza degli analisti di Wall Street pensano ad un rialzo. Tra questi anche Citigroup che si aspetta anche un aumento di un quarto di punto,. Secondo la sua posizione le banche centrali “riporteranno l’attenzione sulla lotta all’inflazione che probabilmente richiederà ulteriori aumenti dei tassi”.
In questi giorni le aspettative e le previsioni su quanto farà la Fed sono state oggetto di speculazioni varie ma, soprattutto, di numerosi cambi di rotta. Infatti in molti, dopo il crollo di SVB e Signature Bank e la situazione estremamente delicata in Europa, di Credit Suisse, pensavano che sia la BCE che la Fed avrebbero deciso di rallentare, se non addirittura fermare, il processo di rialzi sul costo del denaro. Giovedì scorso, però, la banca centrale europea non solo ha colto tutti di sorpresa confermando gli aumenti ma ha anche puntato in alto alzando l’asticella di ben 50 punti base.
Da qui il cambio di rotta: se in Europa confermano la solidità del sistema e inviano un messaggio di lotta all’inflazione, sicuramente la banca statunitense, forte anche di un’economia più in salute e di un settore lavorativo molto più resiliente di quello europeo, non dovrebbe fare diversamente.
“Devono fare qualcosa, altrimenti perdono credibilità”, ha affermato Doug Roberts, fondatore e chief investment strategist di Channel Capital Research.
Ed è anche per questo motivo che già dallo scorso venerdì pomeriggio le possibilità di un aumento di 0,25% sui tassi salivano al 75% con l’unica, notevole eccezione di Goldman Sachs convinta che i membri della Fed “adottino una posizione più cauta a breve termine per evitare l’aggravarsi dei timori del mercato di ulteriori stress bancari”.
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