
É il messaggio che arriva da un incontro organizzato da Mediobanca sulla finanza sostenibile e il greenwashing
In un quadro della finanza sostenibile “complesso e articolato e ancora in via di definizione”, è condivisa tra gli operatori del sistema finanziario la consapevolezza di quanto “i rischi di greenwashing possano minare la fiducia degli investitori ancor prima che il mercato degli investimenti sostenibili possa pienamente e ordinatamente svilupparsi”. Da qui la necessità di completare il quadro normativo esistente con “una terminologia chiara ed esaustiva”.
É il messaggio che arriva da un incontro organizzato da Mediobanca sulla finanza sostenibile e il greenwashing, per analizzare lo scenario attuale e i rischi per tutti gli stakeholder, dalle emittenti agli intermediari finanziari, dagli investitori ai consumatori.
“Il tema è oggi una priorità per le autorità di regolazione”, spiega Giovanna Frati, viceresponsabile dell’ufficio di vigilanza Sgr e Ocr Consob, sottolineando che se il fenomeno “non è adeguatamente gestito può minare l’integrità del mercato”, in quanto, può innescare “scarsa fiducia da parte degli investitori con rischi finanziari e legali”.
Negli ultimi anni si è registrata “una crescita esponenziale degli investimenti sostenibili nel settore finanziario”, osserva Massimiliano Carnevali, group chief Compliance Officer di Mediobanca, convinto che “la creazione di un level playing field con una definizione certa e ragionevole di ESG-washing sia un elemento essenziale per non frenare un processo virtuoso di investimenti nell’economia reale con un orientamento allo sviluppo sostenibile”.
Le autorità di vigilanza europee (Esma, Eba ed Eiopa) si sono attivate e “la normativa si va definendo”, spiega Frati. In particolare, in merito alla revisione della Sustainable Financial Disclosure Regulation (Sfdr), il regolamento sull’informativa di sostenibilità dei servizi finanziari “ci attendiamo nelle prossime settimane la pubblicazione di un documento di consultazione con un’ampia revisione”.
Tra gli aspetti da vigilare, secondo Mediobanca, c’è quello relativo allo screening sui fondi: “il ruolo degli index provider deve esser posto ad una attenta vigilanza”, sostiene Carnevali, in quanto, stabiliscono la connotazione di un fondo Esg. La preoccupazione è che gli intermediari possano ritrovarsi ad essere accusati di greenwashing, quando, invece, loro si sono affidati a informazioni fornite da qualcun altro.
Tra le aziende presenti all’incontro, A2a ha evidenziato come la sostenibilità sia entrata nel piano strategico decennale della società che investirà “16 miliardi di euro da qui al 2030”, spiega Patricia Gentile, responsabile finanza del gruppo A2a.
“Nel 2021-2022 abbiamo investito 3,5 miliardi, fra transizone energetica ed economia circolare – aggiunge -. L’obiettivo è di raggiunge il net zero nel 2040, con dieci anni di anticipo” rispetto all’obiettivo fissato dall’Europa”. Quanto alle linee guida internazionali per l’emissione di strumenti di finanza sostenibile, “hanno messo solide basi per accrescere la credibilità del mercato”.
Quanto poi all’obbligo di rendicontazione della sostenibilità nei bilanci a partire dal 2024, uno degli obiettivi della direttiva (Corporate Sustainability Reporting Directive) “è far sì che la rendicontazione Esg diventi altrettanto importante quanto quella finanziaria”, commenta PierMario Barzaghi, partner di Kpmg, head of Sustainability Services. “Le aziende dovranno riferire su oltre centinaia di metriche e obiettivi, non da ultimo il trattamento dei dipendenti all’interno della propria organizzazione, le politiche di contrasto alla corruzione e prevenzione delle concussioni”.
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