
Braccianti, ma anche autotrasportatori e colf e bandanti: il nostro Paese ha bisogno di stranieri, eccome. Ma non è così semplice
Al via il 27 marzo il click day per l’arrivo in Italia dei lavoratori extracomunitari previsti dal nuovo decreto Flussi, che stabilisce 82.705 ingressi, in aumento rispetto ai 69.700 dell’anno precedente, riservati agli ingressi per lavoro subordinato non stagionale nei settori dell’autotrasporto, dell’edilizia e turistico-alberghiero, nonché, novità di quest’anno, della meccanica, delle telecomunicazioni, dell’alimentare e della cantieristica navale. Le quote per lavoro stagionale, attese principalmente nelle campagne, ammontano a 44.000 unità (contro le 42.000 dello scorso anno).
L’obiettivo è far fronte alla necessità di manodopera delle imprese che però – nonostante gli aumenti ai tetti – restano in sofferenza. Il fabbisogno delle aziende, infatti, si aggira intorno ai 100.000 lavoratori per la stagione primaverile/estiva, sottolinea il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, ricordando come il discorso sia di particolare rilievo per la filiera agroalimentare, visto che il 30% delle richieste arrivano proprio dal settore ortofrutticolo.
Ma non è solo l’agricoltura a segnalare alcune problematiche. Il settore dell’autotrasporto infatti si trova davanti ad un ostacolo che rende difficoltoso poter usufruire del decreto flussi. Come spiega a LaPresse Paolo Uggè, presidente Fai Conftrasporto, si può ricorrere a lavoratori extra-Ue solo a patto che siano in possesso della patente ‘cqc’, un’abilitazione professionale alla guida, di cui nella stragrande maggioranza dei casi sono sprovvisti, e il cui conseguimento ha costi molto alti.
La questione è annosa e rimane tuttora irrisolta. Ancora, il lavoro domestico: in Italia servirebbero, ogni anno, 23mila nuovi colf e badanti non comunitari (68mila sul triennio 2023-2025) per evitare di abbandonare le famiglie a loro stesse, segnala Assindatcolf.
Eppure, i flussi regolari sono stati chiusi nel lontano 2011, fa presente l’associazione.In ogni caso, al netto delle criticità, le aziende hanno segnalato una serie di novità positive introdotte dal decreto, per snellire l’iter burocratico.
“Le richieste presentate dalle organizzazioni professionali dei datori di lavoro – spiega Coldiretti in una nota – avranno priorità sulla generalità delle istanze, saranno preventivamente verificate dalle organizzazioni professionali stesse che assumono anche l’impegno a sovraintendere alla conclusione del procedimento di assunzione dei lavoratori, accelerando tutta la procedura d’ingresso”.
C’è anche il superamento del nullaosta, “sostituito da una comunicazione allo sportello unico per l’immigrazione da parte del datore di lavoro con la proposta di contratto di soggiorno per lavoro subordinato, che verrà immediatamente trasmesso all’ambasciata italiana all’estero per un più tempestivo rilascio del visto di ingresso”.
Il dpcm lascia l’obbligo per il datore di verificare che sul territorio siano indisponibili lavoratori italiani, ma lo esclude per le quote stagionali agricole scansando così il rischio di un appesantimento burocratico per le imprese, che – come ricorda sempre Coldiretti – devono fare i conti “con le esigenze di tempestività imposte dai cambiamenti climatici e dalla stagionalità delle produzioni”