
Le aziende italiane potrebbero puntare sul prodotto pastorizzato, con scadenza a 10 giorni, per rispondere alle mutate esigenze dei consumatori, per i problemi legati alla siccità e al caro materiali
Latte fresco addio. Le aziende italiane potrebbero puntare sul prodotto pastorizzato, con scadenza a 10 giorni, per allinearsi ai cambiamenti delle abitudini dei consumatori, che dopo la pandemia preferiscono comprare cibi e bevande a lunga conservazione, e far fronte agli sprechi nei supermercati e nella distribuzione, dovuti agli aumenti dei prezzi legati alla siccità e al caro materiali.
Il 2022 è stato il più marcato sul fronte della siccità degli ultimi 500 anni ed è costato all’agricoltura 6 miliardi di danni, il 10% della produzione agroalimentare nazionale. Una situazione che si riflette anche sull’industria lattiero-casearia. A causa della siccità infatti l’erba è diminuita del 21%, proprio in un periodo in cui le vacche da latte si nutrono in gran parte di pascolo. Lo sottolinea Agreste, il servizio statistico del Ministero dell’Agricoltura francese
E così molte aziende cominciano a correre ai ripari. Granarolo, azienda leader nel settore, ha sperimentato un nuovo latte pastorizzato molto simile a quello fresco: durante i test svolti gli assaggiatori non hanno trovato differenze tra le due bevande in termini di gusto e i valori nutrizionali sono mantenuti.
Intanto la Commissione europea ha lanciato la proposta di aggiungere alla dicitura “Da consumarsi preferibilmente entro il”, anche il nuovo avviso “Spesso buono oltre…”. Una modifica della scadenza che è contenuta finora in una bozza di atto delegato sul quale Bruxelles è da tempo al lavoro.
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