Lo segnala il Fondo Monetario Internazionale in un post dedicato al capitolo appena diffuso del Fiscal Monitor di aprile 2023
Una inflazione elevata – come quella sperimentata nell’ultimo anno – “può imporre costi gravi e duraturi all’economia e alle persone. Ma gli effetti distributivi dell’inflazione – il modo in cui trasferisce denaro da alcuni individui ad altri – sono complessi. E per rispondere efficacemente a questo che è il più forte aumento dell’inflazione in tre decenni e per affrontare i danni arrecati alle famiglie, i responsabili politici dovrebbero avere una migliore comprensione di come l’inflazione colpisce i vari segmenti della società”.
Lo segnala il Fondo Monetario Internazionale in un post dedicato al capitolo – appena diffuso – del Fiscal Monitor di aprile 2023, in cui “analizzando come l’inflazione influisce sulle finanze pubbliche, la principale scoperta è che l’inflazione inaspettata, come quella recente, erode il valore reale del debito pubblico a spese dei detentori di titoli di Stato”.
Il Fondo osserva come “per i Paesi con un debito superiore al 50 per cento del PIL, ogni punto percentuale di aumento ‘inatteso’ dell’inflazione riduce il debito pubblico di 0,6 punti percentuali del PIL, con un effetto che dura per diversi anni”. Ma – continua l‘FMI – “via via che l’inflazione diventa persistente e meglio prevista smette di contribuire al calo del rapporto debito/PIL”.
Le politiche fiscali – continua il Fondo – “possono supportare la politica monetaria nell’affrontare l’inflazione perché influiscono anche sulla domanda aggregata”.
“I nostri dati statistici suggeriscono che l’impatto della politica fiscale sull’inflazione è cambiato nel corso dei decenni. Per le economie avanzate abbiamo riscontrato che, dal 1985, la riduzione della spesa pubblica di 1 punto percentuale del PIL abbassa l’inflazione di mezzo punto percentuale”.
Tuttavia, “quando le banche centrali agiscono da sole, senza il supporto della politica fiscale, hanno bisogno di rialzi sostanziali dei tassi di interesse per combattere l’inflazione” mentre – spiega il Fondo – una politica fiscale più rigida “consente di aumentare di meno i tassi di interesse per contenere” la corsa dei prezzi.