
Tanti i punti a favore della settimana lavorativa corta a parità di salario ma anche alcune criticità che, almeno in Italia, potrebbero essere difficili da risolvere
Secondo una ricerca del Centro Ricerche dell’Aidp l’idea di una settimana lavorativa corta a parità di salario starebbe prendendo piede anche tra i responsabili delle risorse umane. Se da un lato la Gran Bretagna sta già sperimentando la settimana di 4 giorni, qui in Italia si riflette, invece, su varie forme di flessibilità lavorativa tra cui anche quella della settimana corta.
In particolare, 1/3 dei lavoratori italiani parrebbe essere interessato a sostituire la settimana lavorativa canonica con quella di 4 giorni. Un’idea che coinvolge addirittura oltre la metà dei dirigenti (53%) a loro volta favorevoli. Il motivo? Diversi. Per il 79% di chi è favorevole sarebbe un’occasione per conciliare meglio vita privata e lavoro, il 49% prevede che potrebbe aumentare il benessere psico-fisico e il 27% la motivazione dei dipendenti.
I punti deboli, però, vedono al primo posto, per il 41% degli intervistati, la definizione di uno standard di produttività con linee guida sui contratti collettivi nazionali. Infatti in Italia viene considerato l’orario lavorativo e le prestazione ma non sempre il rendimento e la produttività. Resta poi aperto il nodo della sostenibilità economica.
Tra le negatività anche la difficoltà di organizzare il tutto all’interno delle singole aziende soprattutto considerando due punti principali: il primo riguarderebbe quel 20% di orario scoperto e il secondo che, eventualmente, una rimodulazione in chiave “corta” porterebbe a giornate lavorative anche di 10 ore.
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